Continua la guerra civile in casa Cinque Stelle e non accenna a placarsi la polemica fra Giuseppe Conte e Luigi di Maio. Come prevedibile e come previsto, il voto in Aula di martedì prossimo sulla risoluzione per l’Ucraina scalda gli animi delle due fazioni interne al Movimento.
A far esplodere la bomba, una bozza di risoluzione fatta girare da ambienti pentastellati in cui espressamente si chiede al Governo di non impegnarsi a inviare nuove armi a Kiev. Secondo i promotori, infatti, un ulteriore aiuto militare impedirebbe una de-escaltation della guerra pregiudicandone una soluzione diplomatica. Tesi alquanto bislacca che continua a imputare il protrarsi del conflitto alla difesa dell’aggredito e non alla protervia dell’aggressore. In casa Cinquestelle, evidentemente logica e razionalità non sono proprio pane quotidiano mentre negare l’evidenza pare sia del tutto normale.
Di fronte a tale lampo di genio, insorge nientemeno che Luigi di Maio il quale ricorda come la suddetta bozza di risoluzione determini il rischio di un impraticabile disallineamento con la NATO. E – aggiunge – tale disallineamento non ce lo possiamo permettere visto che è in gioco la stessa sicurezza del Paese. Insomma, un richiamo alla responsabilità quello del titolare della Farnesina che, di fronte al delirio dei filocontiani, lo fa sembrare Eisenhower. A questo siamo ridotti! Mala tempora currunt! Luigi Di Maio, ad onor del vero, da giorni sta sottolineando l’ovvio, cioè che l’Italia non è un Paese neutrale e che siamo inseriti in un gioco di alleanze internazionali che richiedono obblighi e decisioni chiare e nette; ma da quell’orecchio Conte proprio non ci sente e continua a dirigere tutto il Movimento Cinque Stelle verso una inquietante radicalizzazione filoputiniana.
Infatti, incuranti del diritto internazionale e anche del buon senso espresso da Di Maio, i contiani di ferro, Michele Gubitosa e Alessandra Todde non trovano niente di meglio che mettere indirettamente alla porta l’ex capo politico, buttandola sul vittimismo (“le parole di Di Maio sono fango inaccettabile sul movimento 5 Stelle e sulla sua comunità) e sulla minaccia di cacciata (“Parlando in una certa modalità Di Maio si sta ponendo fuori dal movimento”). Parole di fuoco, ma sopratutto parole incaute e improvvide che, ribadendo la contrarietà del Movimento all’invio delle armi all’Ucraina fanno da sospetta sponda a quanto dichiarato dall’ambasciatore russo, Sergey Razov,
Per costui, infatti, l’aiuto militare a Kiev sarebbe un modo bizzarro per giungere alla pace, salvo poi rallegrarsi nell’osservare che in Italia qualcuno è d’accordo con lui (tanto per chiarire chi sono gli sponsor dei pacifinti a cinque stelle).
Legame evidente tra le parole di Razov e la bozza di risoluzione 5S che imbarazzano il Senatore dimaiano Primo Di Nicola – voce tuttavia abbastanza isolata in quel consesso – mentre la senatrice Mariolina Castellone ribatte al collega che la bozza che circola non è quella cui sta lavorando il Movimento assieme alla maggioranza e che Conte è interessato solo a una de-escalation militare e a ribadire la centralità del Parlamento su tali questioni.
Il che, se si vuole, è ancora più inquietante: questa bozza di risoluzione è o non è quella del Movimento Cinque Stelle? E se non è, come mai circola indisturbata? Se la Senatrice Castellone, ci desse delle spiegazioni ne saremmo veramente lieti.
Patuanelli invece glissa scappando dal dibattito per affrontare il tema delle cavallette in Sardegna. Si sa, dopo la malattia e la guerra, le cavallette testimoniano l’approssimarsi dell’Apocalisse e Patuanelli non può certo perdere tempo con i dissidi interni al M5S.
La situazione par comica e invece è tragica, anche per l’oggetto della contesa.
Il Movimento grillino è sempre più balcanizzato e sempre più privo di leadership. Giuseppe Conte ancora una volta dimostra tutta la sua incapacità politica non solo per non saper far sintesi fra le diverse anime del suo partito, ma soprattutto, cosa più grave, per il fatto di condividere il tenore della bozza di risoluzione.
Già da tempo infatti l’avvocato del popolo ha manifestato la sua contrarietà all’invio di armi all’Ucraina, facendo sponda con Salvini (ah, l’amore!) e rischiando di spaccare la maggioranza. Il populismo fintopacifista, vera e propria la quinta colonna del putinismo in Italia, contribuisce a fare del nostro Paese il ventre molle dell’Occidente rispetto alla minaccia russa, ed è contro gli interessi del Paese: il fatto che lo capisca Di Maio e non lo capisca Conte è estremamente grave e dà il senso dell’irresponsabilità del capo politico del Movimento. Da questo punto di vista, purtroppo, vi è più di un motivo di pessimismo, visto che mentre nella Lega quantomeno esiste una classe dirigente in grado di commissariare Salvini all’occorrenza, nel Movimento Cinque Stelle manca anche quel minimo di qualità che potrebbe disinnescare le incandescenze e i deliri di Conte. Anzi, all’opposto, pare pure che quest’ultimo trovi avallo indiretto nel tacito consenso del fondatore garante Beppe Grillo, il cui silenzio è assordante (Grillo, infatti, nell’unica dichiarazione resa, ha confermato solo la linea Conte sul punto dei due mandati tacendo sull’Ucraina).
La sensazione generale non è quella di un partito in cui vi sono due linee politiche differenti, ma di un Movimento vittima del narcisismo del leader che antepone i propri interessi (politici) personali alle sorti della comunità che rappresenta e, invero, di tutto il Paese.