Ieri, la terza audizione della Commissione d’inchiesta parlamentare, trasmessa in diretta televisiva, ha ricostruito il rapporto tra Donald Trump e il suo vice, Mike Pence, nell’immediata vigilia del “tentato colpo di Stato”. E sono venute fuori delle belle.
Pare proprio, infatti, che prima dell’assalto a Capitol Hill, alla Casa Bianca si vissero giorni rabbiosi con Trump che cercava in tutti i modi di convincere Pence a non ratificare il voto dei 50 Stati nella cerimonia prevista al Congresso, il 6 gennaio 2021.
Quella stessa mattina, Trump invitò tutta la sua famiglia nello Studio Ovale e, ad un certo punto, telefonò al suo vice. Diversi testimoni hanno raccontato che cosa sentirono. Ivanka Trump, allora consigliera del padre, ha riferito: “La conversazione era molto calda, non lo avevo mai sentito parlare così con il suo vice”. C’era anche Nicholas Luna, un altro collaboratore: «Ho sentito il presidente ripetere: “Sei un cagasotto”. Ma non solo: “The Donald” forzò talmente la mano che Marc Short, il capo dello staff di Pence, disse ai servizi segreti di rafforzare le misure di protezione.
“Ma il vero regista della frattura fu un giurista, John Eastman, pronto a prostituirsi intellettualmente pur di compiacere il presidente”. Lo scrive oggi il corrispondente del Corriere della sera. “Eastman parlò per primo dal palco montato sulla Mall, la mattina del 6 gennaio. Cappotto color cammello, borsalino marrone, annunciò alle migliaia di supporter che ‘la legge consentiva al vice presidente di annullare i voti truccati o rimandare le schede incerte agli Stati’. Una teoria sgangherata, totalmente infondata. Non esiste alcuna norma che assegni al vice presidente un qualche potere discrezionale nella procedura elettorale. Ma il passaggio più agghiacciante è che lo stesso Eastman ne fosse consapevole”.
Uno dei testimoni presenti ieri in aula, Greg Jacob, consigliere giuridico di Pence, ha riferito che il 4 gennaio si tenne una riunione ristretta nell’Oval Office. Nelle settimane precedenti, Eastman, un super conservatore, aveva preparato un documento per spiegare la sua tesi. Trump ne era entusiasta. Ma Pence, dopo una serie di consultazioni, si era convinto che quella “fosse roba da manicomio”. I due legali, Eastman e Jacob, entrarono nei dettagli giuridici. E alla fine, secondo Jacob, l’interlocutore riconobbe che effettivamente la sua impostazione fosse «illegale» e che sarebbe stata bocciata all’unanimità («9 a zero») dalla Corte Suprema. Tuttavia il 5 gennaio Eastman cambiò posizione e tornò a chiedere a Pence «di rigettare le schede».
E all’obiezione che questo avrebbe potuto innescare disordini violenti, Eastman replicò: «C’è sempre stata un po’ di violenza nella nostra storia». Il vice presidente non si unì al gruppo dei cospiratori, apparsi in tutto il loro squallore nei video trasmessi in aula. Rudy Giuliani, gli ex consiglieri Jason Miller e Steve Bannon, l’anchorman di Fox News, Sean Hannity. Tutti sapevano che stavano spacciando falsità agli americani.
La Commissione ora allargherà le indagini, chiedendo di testimoniare anche a Ginni Thomas, la moglie del giudice della Corte Suprema, Clarence Thomas. Ginni, tra l’altro, scambiò alcune e-mail proprio con Eastman. L’audizione di ieri, però, ha avuto anche un significato politico, da tenere presente in vista delle elezioni presidenziali del 2024.
“Il ticket che ha governato gli Stati Uniti dal 2017 al 2020 si è irrimediabilmente sciolto”, spiega ancora il corrispondente da Washington del Corriere. Ma “sarebbe improprio, adesso, parlare di duello per la leadership del partito repubblicano”. A Trump resta infatti il controllo di gran parte del mondo conservatore, ma Pence è uno degli esponenti di un movimento alternativo che si sta diffondendo nell’establishment di Washington e anche nelle primarie in corso nel Paese. Non sempre vincono i candidati sponsorizzati da Trump. E questo è un altro dato da tenere presente per il 2024.
The Donald è stato il presidente degli alternative facts, delle cospirazioni diventate mainstream, delle dimensioni parallele in cui l’avversario è un nemico senza scrupoli – un criminale, quando non direttamente un satanista o un pedofilo – di cui disfarsi con ogni mezzo. Questo però, appunto, è Donald Trump: un politico che fa il suo mestiere tirando l’acqua al suo mulino.
A rendere il suo agire ancora più paradossale, tuttavia, è la schiera di suoi aficionados più e meno intellettuali di ogni latitudine – anche italiani – che si affrettano a parafrasarlo, metterlo in prospettiva e giustificarne (inutilmente) ogni bizzarria. E si rendono complici.