Si stanno impegnando con tutte le loro forze per trasformarsi da estremisti in moderati. Adesso Matteo Salvini e Giorgia Meloni fanno dietrofront e, dismessi i panni degli odiatori con la bava alla bocca, fanno a gara a chi appare pubblicamente più politically correct, ingaggiando a distanza una battaglia su chi dei due ha più diritto a intestarsi la guida di una destra che entrambi hanno tradito in tutti i modi possibili, a furia di porti chiusi, navi bloccate, bambini morti in mare, citofoni, rosari, cuori immacolati di Maria, bestemmie, caccia all’immigrato, Bibbiano. Propaganda, rutti e ancora propaganda.
Adesso hanno capito che, contendenti della stessa leadership estremista, se vogliono accaparrarsi la posta in palio devono però almeno mostrar di stare strizzando l’occhio a quell’Europa che fino a due giorni fa hanno attaccato, insultato, vilipeso, messo. Retromarcia inserita: adesso uscire dall’euro non è più una priorità.
Fanno i bravi bambini dopo aver stuprato ogni buona regola del vivere civile. Ripetono il ritornello del “Non siamo pericolosi, siamo affidabili”. Ma l’europeismo non è nel dna della destra sovranista e populista che rappresentano. È, pertanto, giunto il momento della buona destra, della casa di quella destra che non vede l’ora di lasciare a casa Giorgia Meloni e Matteo Salvini, oggi rappresentanti di quel vuoto valoriale che affligge la politica italiana.