Lunedi scorso alla Scala di Milano, durante la seconda replica del concerto per cori e sinfonie tratto dall’opera “Macbeth” di Giuseppe Verdi, il maestro Riccardo Chailly si è preso la consueta dose di applausi. Questa volta, però, non solo per le note abilità nel dirigere l’orchestra e per la performance, bensì per aver letteralmente ed elegantemente annichilito uno spettatore che aveva lasciato acceso il telefono cellulare durante l’esibizione, che puntualmente si è messo a squillare nell’imbarazzo generale.
A quel punto il maestro ha interrotto l’esecuzione di “Patria Oppressa” e con ironia ha invitato il destinatario della chiamata a rispondere avvertendo che l’opera sarebbe ripresa al termine della telefonata (“ Risponda pure, noi riprendiamo dopo”). Ironia certo, ma anche un elegante e non troppo velato rimprovero per chi non riesce proprio a “disconnettersi” dalla dipendenza nei confronti del telefono (nonostante tutti gli avvertimenti e le segnaletiche specifiche) nemmeno in un tempio laico come il Teatro della Scala assistendo a una magistrale interpretazione di un’opera che rappresenta vere e proprie pagine di storia nazionale.
Mirabile la spiegazione offerta al pubblico da Riccardo Chailly, nell’immediatezza dell’episodio.
“Vedete amici, siamo in molti in questo grande viaggio verdiano con l’orchestra e il coro della Scala, ma non siamo soli perché stiamo realizzando un’incisione per la Decca di Londra per cui saremo ancora molti di più. È una cosa importante. ‘Patria oppressa’ con l’ostinato del telefonino non è possibile”ha chiosato il maestro prima di riprendere l’esecuzione, che per fortuna non ha subito altre intemperanti e rumorose interruzioni. Insomma, game, set match per Chailly.
Cosa rimane di questa scena a tratti comica a tratti imbarazzante? Senza dubbio l’estrema superficialità e distrazione dello spettatore destinatario della telefonata, ma soprattutto l’incapacità, tipica della nostra contemporaneità, di interrompere il flusso del contingente e del presente sempiterno – che si manifesta con la reperibilità telefonica h24 – per immergersi nella bellezza senza tempo evocata dalla musica verdiana e, in generale, dall’arte.
Se l’arte è una forma di spiritualità laica, la bellezza ne è la manifestazione eterna. Di fronte a ciò, il presente dovrebbe sfumare fino a perdersi. Speriamo che almeno questo episodio serva di lezione e non solo al diretto interessato.