Per Massimo D’Alema la pace passa, ancora una volta, per l’accettazione delle ragioni dell’aggressore. Per il fu segretario della sinistra, già presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, bisognerebbe comprendere che anche Putin ha le sue motivazioni per l’attacco all’Ucraina. Quali? Ma naturalmente le stesse fandonie più volte spacciate per verosimili dai tanti, troppi, fiancheggiatori involontari del presidente russo. L’iperbole intellettuale è sempre la stessa: “se NATO non avesse…” o “Bruxelles deve garantire a Mosca…”. D’Alema non è nuovo a questa narrazione, sia relativamente alla guerra in Ucraina che ad altri conflitti contro l’Occidente. Basti cambiare quanto sopra in “se Israele non avesse…” e “Tel Aviv deve garantire all’autorità palestinese…” per spiegare il suo passato sostegno a Hezbollah a discapito di qualunque evidenza delle azioni terroristiche di cui il gruppo era artefice.
Intendiamoci, se parliamo di un accordo di pace è ovvio che si debba cercare un compromesso tra gli interessi dell’aggredito e quelli dell’aggressore. La fine di un conflitto militare passa sempre per un trade off tra pace e giustizia che purtroppo, nel mondo reale, finisce per umiliare chi ha tutte le ragioni per vedere soddisfatta ogni sua richiesta all’altare degli incentivi. Ma la realtà di una negoziazione non può cancellare il dovere morale di non accettare che siano messe sullo stesso piano le ragioni dell’aggredito e le motivazioni dell’aggressore.
No, caro Massimo D’Alema: Putin non ha nessuna ragione, ne mai l’avrà, per stare in Ucraina con il suo esercito. E non l’ha mai nemmeno avuta. Non l’ha semplicemente perduta, passando dalla parte del torto, per aver attaccato per primo come lei sibillinamente suggerisce. Putin ha casomai dei motivi, di ordine politico ed economico, e degli interessi personali per trascinare il suo paese e molti altri nell’abisso di un guerra.
Smettiamola dunque una volta per tutte di giustificare moralmente le azioni della Russia con il pretesto di difendere il popolo russo dalla discriminazione. Nessuno, a esclusione di pochi folli individui, si sogna di odiare il popolo russo e la sua ricca cultura. Dalla caduta del muro di Berlino, il mondo non ha fatto altro che aprirsi alla Russia e l’ha sempre accolta a braccia aperte. Chi ha tradito la fiducia del mondo è stato proprio Putin. Se il realismo politico non può prescindere dal trattare con il nemico, la morale democratica non può concedersi nessuna ambiguità su chi esso sia.