In giro per le Amministrative, l’ex ministro Pierluigi Bersani ci tiene innanzitutto a ripetere che “la rivincita sulla storia è la pace”. Ovvero che l’Europa ci ha insegnato che bisogna “chiudere” con “guerre, torti” e “ragionare solo con la pace”. E fin qui con buona pace di Kant potremmo tutti essere d’accordo e sventolare bandierine arcobaleno.
“Adesso il problema è un altro,” spiega però Bersani, “non si è ancora chiarito bene perché noi aiutiamo l’Ucraina, qual è l’obiettivo”. Quindi dopo 82 giorni di invasione russa, migliaia di morti, un terzo della popolazione ucraina sfollata, un Paese che andrà ricostruito dalle fondamenta, Bersani non ha ancora capito perché aiutiamo Kiev. Benissimo.
Andiamo avanti: “Lo dico perché una Ucraina indipendente, e in piedi, possa negoziare un compromesso,” che messa così torna l’alibi ‘Zelensky non vuole la pace perché fa la superstar’. Mentre come Bersani che non è uno sprovveduto sa benissimo, chi fino ad ora ha boicottato i negoziati è proprio l’invasore, cioè la Russia di Putin. “Si chiuda questa guerra e quel che è in sospeso lo si affidi a un negoziato”, dice ancora Bersani. Non sappiamo se schioccando le dita, non avendo partecipato all’evento della sua campagna elettorale.
E ancora: “Si finisca col massacro,” ah, quindi il massacro c’è, “se l’idea, invece, è che noi aiutiamo l’Ucraina per la guerra lunga con l’idea di indebolire o sconfiggere strategicamente Putin, allora no”. Quindi non bisogna indebolire Putin. Viene da chiedersi il motivo di queste dichiarazioni di Bersani, che evidentemente chiude gli occhi sul fatto che lo Stato mafia russo è già un paria nella comunità internazionale, mentre sprofonda tra errori del regime, tangenti e corruzione. In realtà l’obiettivo è di politica interna, considerando anche il fatto che Bersani parlava a un evento per le amministrative.
Ricorderete gli applausi presi dall’altro campione del pacifismo elettorale italiano, il capo dei grillini Giuseppe Conte, quando intervenne al Congresso di Articolo 1, il partito dei neocomunisti fan di Bersani. Così è iniziata a circolare l’idea di una fusione tra grillini e neocomunisti, cementata dal no alla guerra, no alle armi alla Ucraina e dal lasciamo stare in pace Putin. Per 5 Stelle e sinistra bersaniana le prossime politiche rischiano di segnare la capitolazione politica; da qui l’urgenza di trovare una casa comune, tanto più che il Pd di Letta su Ucraina e sostegno a Draghi ha preso tutta un’altra strada e tra i Dem c’è chi si vuole sganciare da unioni e campi larghi.
Ma Conte lo vuole l’abbraccio bersaniano? E qui iniziano a dubbi, perché nonostante le concilianti dichiarazioni di Bersani su guerra, Putin e Ucraina, il leader grillino sa pure che sposando i neocomunisti finirebbe più all’angolo dell’angolo nel quale si è già sistemato cercando di smarcarsi da Draghi. Conte è sempre più isolato e dovrà giocare una partita da equilibrista per non tagliarsi fuori dagli schieramenti attuali in parlamento. Per cui Bersani certe sparate elettoralistiche potrebbe anche evitarsele: inseguire Conte non paga.