Da poco uscito in libreria, “Il Mostro”, ultima fatica di Matteo Renzi, descrive la sua vicenda personale in rapporto alla magistratura che sognava di modificare e alle inchieste che da allora hanno colpito lui, la sua famiglia e le persone che gli stavano vicine all’epoca in cui era Presidente del Consiglio. Da un articolo di oggi su La Stampa che ne riporta alcuni stralci, emerge un quadro davvero inquietante di una (in)giustizia che pretende di invadere il campo della politica a suon di inchieste roboanti, che finiscono a titoli cubitali su giornali particolarmente sensibili per poi sgonfiarsi lasciando dietro il fango di una reputazione ormai inesorabilmente compromessa.
Inchiesta Ischia Cooperativa CPL: secondo Renzi è il tentativo di minare alle basi la propria reputazione politica da neo Presidente del Consiglio, attraverso un coinvolgimento giudiziario di uomini a lui vicini in una storia di appalti per la metanizzazione dell’isola campana e presunte tangenti che attorno vi ruotavano. A latere, ma non troppo, le vicende collegate ai finanziamenti ambi e abbondanti che la Cooperativa elargiva a enti, associazioni e politici gravitanti nell’orbita PD.
L‘inchiesta, nel suo ramo ischiano, nasce dall’attività investigativa del Comandante del NOE, Giampaolo Scafarto e del colonnello Sergio De Caprio (Ultimo) coordinati dal PM Woodcock, che dà vita a una imponente attività di intercettazioni telefoniche nelle cui maglie finiscono amministratori locali e personaggi vicini all’ex premier, come il sindaco Giosi Ferrandino, il fratello Massimo, il Generale di GFD Adinolfi, addirittura Marco Carrai e tanti altri. Capi di imputazione per corruzione per induzione e induzione indebita a promettere false utilità, che crollano in dibattimento sotto la scure di evidenti carenze investigative che trasformano l’inchiesta in un buco nell’acqua, visto che tutti gli imputati assolti con formula piena.
Quel che rileva nella vicenda – come spiega Renzi nel libro – non sono tanto le assoluzioni, bensì, l’accanimento personale oltre che investigativo, mostrato proprio a Scafarto e De Caprio in fase di indagini. Roba grossa che avrebbe fatto saltare il sistema, arrivando fino al premier – secondo quanto dichiara Ultimo alla procuratrice di Modena Musti, suscitandone l’incredulità. Questa ne dà conto innanzi al CSM (quindi si tratta di atti ufficiali), dove parla dei due investigatori come “esagitati”, eccitati dalla prospettiva di arrivare sino al premier, sulla base di informative che la stessa procuratrice definisce “da marziani” e di intercettazioni “fatte coi piedi”.
Parole dure quelle del magistrato che non riserva certo complimenti agli investigatori, di cui uno, peraltro, è divenuto leggendario dopo la cattura di Totò Riina nel 1993, e che la PM descrive come “spregiudicati con delirio di onnipotenza”. La domanda è: per conto di chi agivano in questa specie di estasi inquirente? Chi e perché voleva colpire Renzi a tutti i costi, anche correndo il rischio di falsare elementi di indagine?
Falsare non è un termine vacuo se si pensa a come è finito nell’indagine lo storico amico di Renzi, Marco Carrai. Nell’ambito delle intercettazioni su CPL Concordia la procura doveva intercettare tale Marco Canale, Presidente del Consiglio di Gestione di Manutencoop. Ma a un certo punto succede l’impensabile, che in un paese normale sarebbe “il ridicolo”, ma in Italia si sa, le cose sono assai particolari. Una “manina” cancella il nome “Canale” e lo sostituisce con “Carrai” che nulla entrava in quella vicenda. Da lì partono intercettazioni e pedinamenti all’ignaro Marco Carrai, financo in vacanza a Cortin.
Il tutto, ovviamente, a spese dei contribuenti che evidentemente pagano per indagare su persone a caso. Altro caso, il Generale della Guardia di Finanza, Adinolfi intercettato a telefono con Renzi (con testo finito tanto per cambiare sul Fatto Quotidiano), quando il soggetto da mettere sotto controllo era un suo omonimo, Generale dell’Esercito. Anche qui, intercettazioni a caso.
Insomma, persone che con la vicenda giudiziaria CPL nulla avevano a che vedere, ma che dovevano evidentemente scontare l’amicizia con l’ex premier e per questo finiti sulla graticola. Il quadro restituito da questa vicenda è davvero agghiacciante, indipendentemente dalle specifiche responsabilità che, ove esistenti, verranno accertate da chi di dovere. E, si tenga presente che questo è il primo tempo di quello che poi scoppierà con i caso Consip e con i guai giudiziari che porteranno ad essere indagati, Luca Lotti, il Gen. Saltalamacchia, e Il Gen. Tullio del Sette, tutti soggetti vicini a Renzi e tutti sotto inchiesta per mano degli stessi investigatori.
Ecco, in un paese normale, si diceva, queste cose sarebbero da incubo onirico, e invece sono la realtà. Ci aspetteremmo, come minimo sindacale, che su questi investigatori affetti da delirio di onnipotenza, vi fossero accertamenti, indagini, insomma, qualcosa. E invece nulla. Dopo la destituzione dai corpi di appartenenza (Ultimo era finito nei Servizi Segreti), indovinate un po’ dove sono andati a finire? A fare politica – nel centro destra – come assessore alla Legalità in un comune in provincia di Napoli (Ultimo) e Reggio Calabria (Scafarto). Chiaramente è il libro di Renzi, la tesi di Renzi, la ricostruzione di Renzi, quindi inevitabilmente “di parte” e come tale va presa. Ma supponiamo avesse anche in parte ragione, almeno per quella parte che risulta ufficiali dagli atti del CSM… ecco, non per essere complottisti, ma forse sarà il caso che qualcuno prenda sul i serio quello che sta avvenendo in questo Paese per il tramite del sistema giudiziario.