Lo premettiamo: candidare la discendenza di Benito Mussolini è legittimo. Nessun impedimento, nessun divieto. Quindi Fratelli d’Italia e la Meloni, che pare che ci vadano a nozze a candidare qualcuno che si chiama come il Duce, come accaduto alle Europee con Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote di Benito, agiscono nella piena legittimità. Chiarito questo, non possiamo che essere d’accordo col politologo Alessandro Campi che nei giorni scorsi aveva sollecitato la Meloni – verso cui peraltro mantiene un atteggiamento benevolo e possibilista sui risultati che può raggiungere IoSonoGiorgia – a non candidare i discendenti del Duce al fine di “sciogliere ogni possibile equivoco sul passato”.
“Nella destra italiana sopravvive ancora un fascismo sentimentale, fatto più di ammiccamenti ed evocazioni che di richiami nostalgici diretti – aveva detto Campi in un’intervista a Libero -. La cronaca ce ne offre continue prove. Su questo il chiarimento dovrebbe essere definitivo. E, visto il peso che hanno i simboli, un atto chiarificatore, anche verso il proprio elettorato, potrebbe essere togliere la fiamma dal logo del partito. E smetterla di candidare i bis-nipoti di Mussolini solo perché si chiamano Mussolini”.
Posizione condivisibile, almeno da parte di una certa destra. Tuttavia il Secolo, il quotidiano che fa capo a Giorgia Meloni, non aveva perso occasione per difendere i nipotini del Duce, accusando Campi di discriminarli e pubblicando la replica di Caio Giulio Cesare Mussolini. “La destra va bene solo se fa quello che vuole la sinistra – ha replicato il pronipote di Benito -, prima di candidarmi Giorgia Meloni aveva visto il mio curriculum e aveva voluto incontrarmi”. Certamente il curriculum di Caio Gulio Cesare è invidiabile, ma il dubbio che sia stato candidato per il suo cognome resta. E il politologo gli spiega bene perché.
“Diversamente da altri osservatori e analisti ho deciso di prendere sul serio Giorgia Meloni quando dice di voler dare vita ad un partito conservatore che nulla abbia più a che vedere, sul piano ideologico e sentimentale, col mondo del neo o post-fascismo – controreplica oggi Campi -. Proprio per questo m’è parso scontato consigliarle di non candidare più nelle liste di Fratelli d’Italia i bisnipoti di Mussolini solo perché si chiamano Mussolini. Caio Giulio Cesare Mussolini mi ha rubricato tra i ‘nipotini di Stalin’ (addirittura…) e ha voluto ricordarmi che se fa politica non è per il cognome che porta ma per i suoi titoli: due lauree, tre lingue parlate, una lunga carriera come manager… Ma il problema non è evidentemente questo. Le questioni più serie sono altre due. Dal punto di vista della destra politica, considero un errore politico, specie se si hanno ambizioni di governo, continuare in questo gioco fatto di palesi ammiccamenti ad un passato dal quale evidentemente si fatica a distaccarsi (gli avversari, va da sé, non aspettano altro). Alla destra italiana dovrebbe essere bastata la vacuità della parabola politica di Alessandra Mussolini, tornata giustamente allo spettacolo avendo nel frattempo prodotto solo confusione ed equivoci. Perché continuare a farsi del male?”.
“Riguardo invece gli esponenti del clan Mussolini, a cui nessuno ovviamente chiede di vergognarsi per il nome che portano o di non partecipare alla vita pubblica – conclude Campi – quello che ci si aspetterebbe da parte loro, giunti ormai alla terza e quarta generazione, è un atteggiamento meno vittimistico nonché una lettura del fascismo e della figura del loro avo che non sia il cumulo di banalità aneddotiche… Se per loro Benito Mussolini continua solo ad essere il nonno o bisnonno amato e mai conosciuto, del quale il massimo che si riesce a dire è che ‘amava l’Italia ed è stato un grande statista, peccato solo per le leggi razziali, che in fondo nemmeno voleva’, beh, basta questo per rendersi inadatti a qualunque ruolo o incarico politico, anche si dovessero parlare cinque lingue e avere dieci lauree. Non si tratta insomma di discriminare qualcuno in base al nome, ma a causa dell’incapacità a farci seriamente i conti sul piano storico e politico”.