Chi si cela dietro i massacratori di Bucha? Mentre la città alle porte di Kiev piange le vittime della guerra voluta da Putin, il vicesindaco Serhiy Shepitko parla di documenti che potrebbero rivelare presto l’identità degli uomini che non hanno avuto pietà nemmeno di donne e bambini. “Uccidevano per uno sguardo”, le parole del primo cittadino. Vere e proprie esecuzioni come riferisce «La Stampa» in un reportage su una delle pagine più tristi del conflitto in Ucraina.
Cadaveri con le mani legate dietro alla schiena, corpi accatastati nelle cantine oppure lasciati in mezzo alla strada. Dita rotte, piedi tumefatti. E ancora il dramma degli stupri, delle torture e delle fosse comuni. La signora Valentina Siyun, di mestiere estetista, è stata uccisa sulla porta del suo appartamento perché aveva osato guardare dritto negli occhi un soldato russo. Stando alle stime ci sarebbero ancora altre trentadue vittime da identificare: per loro è stato richiesto l’esame del Dna. Quanto accaduto a Bucha è devastante: e quei tre passaporti ora in possesso del vicesindaco Shepitko possono sul serio rivelarsi decisivi. «La Stampa» rivela i dettagli: “Sono facce di ragazzini. Loktev Maksyn Vladymyrovich, 22 anni, nato a Privolzsk, nella regione di Ivanovsk. Ilyin Aleksander Valeryevich, 24 anni, nato a Bishaya Murta, nella regione di Krasnoyarsky. Polyansky Ivan Alekseevich, 19 anni, nato a Kamentsk-Uralsky, nella regione di Sverdlovska. Sono soldati uccisi in un combattimento. Cadaveri che l’esercito russo si è lasciato alle spalle, e che invece l’esercito ucraino sta conservando in un camion frigorifero. Le indagini nazionali e internazionali partono da questi nomi”.
“Era il 3 marzo. Il nostro esercito ha respinto un primo tentativo di occupazione sulla strada davanti alla stazione di Bucha. Lì sono stati uccisi quei tre soldati russi. Poi la città è stata presa. Dal giorno successivo sono incominciate le atrocità contro la popolazione civile. Io e il sindaco Anatoly Fedoryuk ci siamo dovuti rifugiare in un luogo segreto per alcuni giorni, solo il 12 marzo siamo riusciti a fuggire. I russi volevano sequestrarci”, ha rivelato il vicesindaco Shepitko. “Nessuno di noi potrà mai dimenticare strada Yublunska piena di cadaveri. Non ce li lasciavano seppellire. Se uscivi per raccoglierli, eri morto a tua volta. Prima a Bucha sono arrivati i soldati russi, poi i ceceni. Allora le cose sono peggiorate molto. Diversi conoscenti mi hanno raccontato che i ceceni rubavano nelle case, uccidevano i cani, picchiavano senza un motivo. Era ormai la fine di marzo. Sono stati quelli i giorni del massacro”, ha concluso.