“O si fa l’Europa o si muore”, sembra dire Guy De’ Verhosfstadt al termine della Conferenza sul Futuro dell’Europa andata in scena in questi giorni al Parlamento di Strasburgo e che si è conclusa con una relazione contenente 49 proposte di modifica dell’Unione (che ne sintetizzano 325 provenienti anche direttamente dai cittadini europei), alcune delle quali necessitano una revisione dei Trattati istitutivi. La sensazione è che potremmo essere di fronte a una svolta storica per il futuro dell’Unione che ha un’occasione imperdibile per segnare una tappa importantissima nel processo di integrazione politica, sociale, fiscale e militare.
Le sfide che l’UE si trova ad affrontare da qui in avanti sono molto impegnative, “il nuovo mondo è fatto di pericoli e imperi” afferma De’ Verhofstadt e il rischio concreto è quello nientemeno di sparire. La abominevole guerra iniziata dalla Russia di Putin quantomeno ha avuto il risvolto positivo di suonare la sveglia alle Istituzioni comunitarie chiamate da autoriformarsi per non soccombere agli autocrati. Per questo è fondamentale che tradurre questa relazione in azioni concrete e meccanismi di cambiamento strutturale dell’architettura comunitaria. Tecnicamente il Parlamento Europeo ha il potere di attivare la modifica dei Trattati ai sensi dell’art. 48 del TUE e ha tutta l’intenzione di farlo comunicando che già da oggi, 3 Maggio, dovrebbe partire la discussione in Assemblea sui punti della Relazione di fine Conferenza.
Tra i più importanti di questi, l’eliminazione del diritto di veto per le decisioni comunitarie a favore, invece, di maggioranze qualificate che consentirebbero decisioni veloci bypassando i soliti “mister no” europei (generalmente gli stati sovranisti). Ciò, ad eccezione dell’approvazione dell’ingresso di nuovi Stati e della modifica ai principi fondamentali dove invece rimarrebbe l’unanimità. Altre proposte di modifica, addirittura potrebbero non importare nemmeno una modifica ai Trattati, ma esser concretizzate mediante legislazione comunitaria ordinaria. Ad esempio, l’unificazione dei sistemi elettorali dei Paesi membri per il Parlamento Europeo e l’introduzione di liste transnazionali che consentirebbe di armonizzare gli ordinamenti nazionali rendendo il Parlamento una vera e propria Camera Europea con parlamentari che si occupino solo di questioni comunitarie.
Altro punto decisivo per il futuro dell’Unione, è quello relativo alla modifica del Trattato di Dublino per una redistribuzione obbligatoria dei migranti fra i vari paesi dell’Unione, obbligando anche i più riottosi a farsi carico di una situazione assai complessa che non può essere scaricata unicamente sugli Stati-frontiera, come l’Italia. Dal punto di vista sociale, si parla di introduzione di un salario minimo europeo, di una legislazione unitaria per limitare le importazioni da paesi che sfruttano il lavoro minorile e di una serie di parametri comuni per la valutazione dell’impatto ambientale dei prodotti. Infine, cosa realmente rivoluzionaria, si parla della realizzazione di una rete ferroviaria ad alta velocità transeuropea per il trasporto di persone e merci.
Ancora sul vago, rimane la proposta di forze armate comunitarie per rafforzare il peso militare e geostrategico dell’Unione, che rappresenterebbe, oggi più che mai, una importante garanzia di sicurezza per il Continente. Insomma, punti fondamentali per il futuro dell’UE, ma che suscitano già notevoli ostacoli da parte dei soliti noti. Tanto per cambiare, la famiglie parlamentari di estrema destra, Identità e democrazia (il partito di Salvini), e Conservatori e Riformisti Europei, (quello della Meloni) si sono già dichiarate contrarie a molti di questi punti, e pronte a boicottarne il processo di approvazione. Purtroppo non c’è da meravigliarsi. L’estremismo riesce sempre a porsi al di fuori della storia e dei grandi processi di cambiamento sia nazionali che internazionali.
Il caso poi della annunciata contrarietà alla modifica al Trattato di Dublino (non è la prima volta!) dimostra ancora una volta che questo tipo di destra non ha alcuna intenzione di risolvere il problema immigrazione che, invece, fa comodo cavalcare a fini elettorali a colpi di slogan e propaganda sterile. Facile sponda questi trovano nelle solite Polonia e Ungheria (cui si aggiunge, in parte, l’Olanda), le quali si mostrano sempre più come vere e proprie palle al piede, e primi ostacoli a una Europa forte che a chiacchiere dicono di volere. Favorevoli, invece, al testo le delegazioni di Italia, Germania e Francia. Prossima tappa il 9 Maggio, data in cui l’Assemblea consegnerà il documento finale a Roberta Metsola, Presidente del Parlamento Europeo, Ursula Von der Leyen Presidente di Commissione UE e a Emmanuel Macron che detiene la Presidenza di turno del Consiglio. Il testo finale dovrebbe essere poi oggetto di una Convenzione ad hoc, convocata a maggioranza semplice dei membri del Consiglio, per l’approvazione delle misure. Attendiamo fiduciosi questo positivo esperimento che ha visto coinvolti tutti i soggetti europei, dai cittadini alle istituzioni, perché si possa aprire un nuovo capitolo “costituente” che ci avvicini sempre di più agli Stati Uniti d’Europa, unica vera soluzione per non sparire.