L’uomo forte al potere e il fallimento della democrazia

Secondo le ultime rilevazioni del
Censis, l’uomo forte al potere è il desiderio principale del 48% italiani. Delusi
dalla gestione della cosa pubblica degli ultimi vent’anni, prediligono la
definitiva sepoltura della democrazia e una svolta messianica che si pensava
sepolta dalla storia, così da annullare pratiche elettorali e attività
parlamentari considerate non solo inutili ma soprattutto dannose.  In sintesi, si certifica così, specie tra le persone
con meno istruzione e redditi più bassi, il fallimento della politica,
considerata “altra da sé”: meglio confidare in una presunta indolore dittatura
che conduca verso “magnifiche sorti e progressive” che in una democrazia
inefficace.

I meccanismi che stanno dietro a
questi dati li spiega bene Vittorio Feltri in un suo editoriale di qualche
giorno fa. “Metà di noi s’è stufata della democrazia. Non della casta, non ce
l’abbiamo coi papaveri in auto blu, quella è roba superata: ci siamo stufati
del sistema di governo del mondo liberale occidentale – scrive Feltri -. E’
sempre più facile buttare giù qualcosa che tirarla su, e noi oggi ci
apprestiamo a buttare giù la democrazia perché non sappiamo che comporti l’uomo
forte divincolato dagli impicci delle elezioni e del Parlamento, cioè la dittatura.
Tutto dimenticato, non abbiamo più padri e spesso nemmeno nonni che la
dittatura l’abbiano incisa sulla pelle e ce lo raccontino, è sbiadito tutto
quanto è stato scritto, tutto è perduto in un tempo di noncuranza senza passato
né futuro. La storia non ci insegna nulla, è stato detto con senno. La
democrazia non ci ha reso felici, stop. La democrazia è un cumulo di difetti,
stop. La democrazia non ci ha issati sui piedistalli, stop. La democrazia non
ha detto abracadabra”.

Un processo lento i cui segnali
però sono evidenti da tempo, e la disaffezione verso la politica e
l’astensionismo estremo lo dimostrano. “La democrazia liberale, e i segnali
c’erano da anni, ha preso l’aspetto di un meccanismo infernale e indecifrabile
strutturalmente inadeguato a mettere mano a uno solo dei problemi della
comunità e buono giusto per imbandire le tavole e infarcire le tasche di un
pugno di blasonati – scrive ancora Feltri -. La democrazia non è stato altro
che il sistema per trasferire la promessa di felicità dall’aldilà all’aldiquà:
è nata in rifiuto di un Principe investito da Dio del potere di decidere per
noi, che dovevamo curarci di guadagnare i titoli per la vita eterna. Così in
Inghilterra e in Francia abbiamo tagliato la testa al Re. Ma coi secoli questa
promessa di felicità terrena l’abbiamo presa troppo sul serio. Abbiamo scordato
che la felicità della democrazia è il diritto di voto, una testa un voto perché
siamo uguali, ugualmente dignitosi, inviolabili, innocenti fino a prova
contraria, tutti nel diritto di impostare la vita senza i limiti arbitrari e
violenti posti dalle dittature. Ecco che cosa è la democrazia, nelle sue
prospettive mai pienamente realizzabili: il diritto di andare da qui a lì senza
che nessuno ce lo impedisca. Ecco qual è l’inestimabile fortuna offerta, e
sperperata da chi non ne ha cura”.

Se il popolo oggi è arrivato a
queste estreme conseguenze, è anche colpa delle élite che hanno rinunciato al
loro ruolo di guida nei sistemi democratici. “E il guaio, serio, è che a non
averne cura non è solamente il popolo – parola tronfia, inutile – ma gli uomini
stessi della democrazia, da anni immersi nell’opera di smantellamento di quanto
fu conseguito col sangue, non unicamente durante la Resistenza, ma prima, per
secoli – riflette ancora Feltri -. Quanto fu edificato, corretto, cesellato,
studiato punto a punto: la sacralità della rappresentanza, la divisione dei
poteri, la tutela delle minoranze, i contrappesi che intralciano la decisione
ma limitano il sopruso, la presunzione d’innocenza, una delle più grandi
conquiste dell’umanità che questa umanità confusa scansa con ribrezzo suicida.
Si pensa ad aggravare le pene, a controllare il mondo con videosorveglianze e
software inoculati nei telefonini, si riducono i parlamentari con intenti
autopunitivi, la fine della prescrizione consegna gli uomini ai loro
inquisitori per l’eternità, si tradisce l’esito delle elezioni sull’incipit di
un’inchiesta penale, ogni conseguenza ideale del diritto di voto è immolata
dalla democrazia, contro di sé, nel nome mistico dell’onestà e della sicurezza
e nel tripudio rabbioso delle folle. Serve – conclude – un uomo forte su cui
scaricare l’insostenibile peso della libertà”.