L’equilibrio energetico attuale in Europa si regge su uno stato di reciproco interesse tra fornitori e
ricettore. A fronte di un calo contenuto del consumo di gas negli ultimi anni, dettato dalle particolare
condizioni determinate dalla pandemia da covid-19, la produzione di gas in Europa è in costante
diminuzione in conseguenza non dell’esaurimento della materia prima nei giacimenti, oggetto di estrazione, bensì per effetto di una politica tesa a ridurre i costi economici e l’impatto ambientale.
Un caso emblematico è quello della Spagna, dove il sottosuolo delle regioni più settentrionali è ricco di gas, ma lo sfruttamento è stato interrotto per motivazioni di carattere principalmente ambientale e l’assenza di infrastrutture che portino la preziosa risorsa fuori dalla penisola Iberica fa da corollario.
Storicamente l’Europa ha privilegiato i rapporti bilaterali con i paesi fornitori rinunciando ad una regia unica che avrebbe efficientato l’intero sistema di approvvigionamento energetico continentale, beneficiando di una maggiore diversificazioni delle fonti ed arginando eventuali rischi derivanti da
un quadro geopolitico instabile come quello attuale. Un sistema di approvvigionamento energetico, che si regge essenzialmente sui rapporti bilaterali tra stati, non costituisce necessariamente un limite.
Le attuali condotte, che riforniscono l’Europa, sono connessioni rigide, progettate per trasportare il gas a senso unico dal produttore al ricettore senza possibilità di inversione del flusso. Il produttore è legato ad un doppio filo al ricettore sia per il gap tecnologico, che gli impedisce di realizzare in autonomia una rete di approvvigionamento propria, sia per le pesanti ripercussioni economiche in
caso si interrompesse la vendita. Si tratta essenzialmente di un regime di monopsonio, che in una certa misura penalizza il paese fornitore.
Questa è una delle ragioni per cui interrompere l’approvvigionamento del gas russo significa mettere in ginocchio l’economia di un paese, che si basa fondamentalmente sull’esportazione delle materie prime e sull’importazione dei prodotti finiti, in particolare di quelli ad alto contenuto tecnologico.
Uno scenario del genere non si presenterebbe privo di grosse criticità per l’Occidente, sebbene le
risorse che la Russia utilizza per alimentare l’invasione dell’Ucraina scemerebbero in fretta. In primo luogo sarebbe difficile rimpiazzare in tempi brevi la quantità di gas proveniente dalla Russia e destinata all’Europa, che ammonta a circa 170 milioni di mc/anno.
L’intervento degli Stati Uniti, che ha previsto di destinare 15 miliardi di mc/anno di gas naturale liquefatto avrà come risultato di mitigare la dipendenza del gas Russo, ma non creerebbe le condizioni per cui l’Europa possa definitivamente chiudere il rubinetto e guardare con fiducia altrove per l’approvvigionamento energetico, ma sarebbe un passo comunque importante.
L’unica possibilità che impedirebbe un impoverimento generalizzato in Europa determinato dal costo crescente dell’energia conseguente la penuria di gas, sarebbe di mettere fuorigioco una quantità di gas russo pari alla quantità che verrebbe rimpiazzata contestualmente con altre fonti di approvvigionamento. L’aiuto degli Stati Uniti proveniente dell’importazione del gas naturale liquefatto si collocherebbe positivamente all’interno di quadro di questo tipo.
In secondo luogo uno scenario in cui l’Europa cerchi con ogni mezzo di affrancarsi dal punto di
visto energetico dall’importazione di gas russo, costringerebbe la Russia a cercare nuovi acquirenti altrove accelerandone il processo di avvicinamento nell’orbita cinese. La Cina è tra i paesi che ha
deciso di procrastinare la decarbonizzazione almeno di un decennio rispetto all’Europa e che potrebbe facilmente assorbire la quasi totalità del gas destinato al vecchio continente.
Questo passaggio è attualmente lungi dall’avvenire in tempi brevi per le carenza di infrastrutture per il trasporto del gas tra Cina e Russia. Il ritardo infrastrutturale, che pregiudica la possibile fornitura del gas russo alla Cina in tempi brevi, giocherebbe a vantaggio dell’Occidente, che potrebbe ancora compromettere in modo importante le risorse economiche provenienti dall’importazione di gas in Europa, con le quali Russia seguita a sostenere il proprio sforzo bellico in Ucraina.
Questo non garantisce in automatico una descalation in Ucraina, ma l’Europa non può esimersi da battere ogni via utile per porre un freno alla violenta aggressione, che costa migliaia di vittime ambo le parti e contribuisce a destabilizzare pericolosamente lo scenario geopolitico globale.