In un’intervista concessa al «Corriere della Sera» Dana, la trans scappata con la fidanzata dalla guerra in Ucraina, ha raccontato la sua incredibile fuga dal conflitto e l’arrivo a Gotein, un piccolo paese sui Pirenei atlantici francesi. «Abbiamo vissuto in un tunnel della metropolitana. Faceva così freddo che non dormivamo per più di un’ora di seguito. Poi, in treno, siamo andate a Leopoli dove ci hanno aiutato a scappare: Polonia-Germania-Parigi e qui», hanno detto le due. Dana è una ragazza transessuale. Sul passaporto c’è ancora la «M» di maschio, che soprattutto in questi giorni le ha creato problemi. È la sua una testimonianza fortissima.
Secondo la legge marziale in vigore da quando è iniziata l’invasione di Putin tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni non possono lasciare l’Ucraina. «Ma lei non è un uomo, lei è la mia fidanzata e non vuole né combattere, né stare a Kiev con i russi», ha detto Sonia. Dana è una delle pochissime transessuali che è riuscita a fuggire; altri non sono stati così fortunati e ora si trovano bloccati al confine. «Alcune sono state derise, “sei un uomo dove credi di andare”», si sono sentite dire.
Una volta arrivate alla frontiera con la Polonia, Sonia e Dana si sono messe in fila sperando di confondersi con gli altri. «Avremmo voluto attraversare quella linea mano nella mano, ma le coppie gay in Ucraina non sono sempre ben viste. L’accordo era che se Dana non fosse passata, sarei rimasta con lei», ha spiegato Sonia. L’agente ha guardato il passaporto, ha controllato la fotografia, poi il volto di Dana, infine uno sguardo rapido al documento e le ha detto «vai». Non ha notato quella «M». «Avrei voluto gridare di felicità, saltare di gioia, ma ho deglutito e sono passata dopo di lei. Solo una volta dopo il confine ci siamo abbracciate», ha spiegato sempre Sonia.
«La paura di tutta la comunità Lgbtq+ ucraina è che se torniamo sotto l’influenza russa vedremo andare in fumo i diritti conquistati negli ultimi ann i», ha detto Dana. «Certo, non è facile essere trans neanche in Ucraina. Ci vogliono anni e incontri massacranti con psicologi per concludere il percorso di transizione. Le medicine costano moltissimo e non parliamo dell’operazione. Ma negli ultimi tempi, va meglio grazie al lavoro delle associazioni e a qualche partito che porta avanti i nostri diritti in parlamento», ha aggiunto. Ma l’omosessualità non è più un reato dal 1991 e nel 2015 è stata vietata la discriminazione nei confronti delle persone Lgbtq+ sui luoghi di lavoro. «In Russia non si può nemmeno dire gay alla radio o in televisione», hanno sottolineato.
Ora Dana sogna di compiere la transizione: «Sono otto anni che ci prova, ma gliel’hanno sempre negata. Senza diagnosi non solo non puoi operarti, ma non puoi nemmeno acquistare i medicinali, lei se li è comprati tutti in nero. In Ucraina la corruzione è ovunque, se hai soldi paghi qualcuno che cambia il tuo documento, se non ce li hai sei “M” per sempre. Noi lavoriamo in un supermercato, e quei soldi non li avremo mai», ha spiegato Sonia. «Qui, invece, è tutto diverso. Fra dieci giorni mi daranno i medicinali gratis, un sogno», ha confidato Dana. Torneranno in Ucraina? Sonia lo spera, Dana comincia ad intravedere uno spiraglio di felicità anche in Francia. L’importante è essere vive, è stare insieme.