I soldati russi catturati a Kiev e dintorni denunciano l’inganno della missione ordinata da Putin: «Hanno detto che dovevamo addestrarci perché gli americani stavano per occupare l’Ucraina e la Nato avrebbe messo piede in Russia». Nei volti dei militari che ora si trovano in un albergo della capitale, “teatro propaganda ucraina”, si legge tutta la loro paura mista ad amarezza, come ha raccontato Francesco Semprini su «La Stampa». Il più giovane di loro è Pozdeev Andrey Yurievich, 19 anni. «Ci avevano detto ‘preparate i mezzi, non dovete avere paura. Non vi manderanno oltreconfine’. Nella notte fra il 23 e 24 febbraio il nostro convoglio si è messo in marcia, mi sono addormentato e risvegliato in Ucraina, non avevo mai visto una battaglia», le sue dolorose parole.
«Dopo la prima battaglia abbiamo abbandonato i carri armati e siamo scappati nella foresta per quattro giorni. Poi ci siamo arresi. Gli ucraini ci hanno dato medicine e vestiti asciutti, non avevo mai visto uno scontro a fuoco prima», lo sfogo amaro di Akhunov Niyaz Munirovich. Morozov Olexander Romanovych, 22 anni, è il più anziano del gruppo: «Siamo tutti di leva, fino all’ultimo ci avevano parlato di manovre sul territorio russo e mai di invasione, era una bugia. Sono stato fatto prigioniero, immaginavo di venire picchiato o, peggio, torturato, invece sono stato trattato bene. Stiamo morendo tutti per niente, anche le donne ed i bambini di questo Paese. Putin ha detto falsità, come il fatto che non ci fossero soldati di leva, voglio chiedere scusa a tutti gli ucraini».
Mikola Polshchikov Valentinovych, 21 anni, caporale, si è commosso ricordando le persone uccise: «Mi hanno rimandato indietro con gli altri feriti, ma ci hanno abbandonato. Gli stessi che ci parlavano di fascisti da cui doveva essere liberata l’Ucraina, qui non ne ho visto uno. Sarebbe stato meglio pagare una mazzetta come altri per evitare il servizio militare». Questi giovani sono state vittime di quel subdolo inganno putiniano della denazificazione.
Ora i prigionieri russi non fanno che pregare, chiedere perdono: «Voglio dire ai concittadini del mio Paese, non mandate i vostri figli sotto le armi in Ucraina. I nostri soldati, i nostri amici, i vostri figli muoiono su questa terra. Questa guerra non ha senso dobbiamo solo andarcene». Uno di quei ragazzi ha avuto un pensiero anche per il leader del Cremlino: «Presidente Putin, hai fatto di noi carne da cannone».