Ci sono momenti in cui bisogna salvare la propria vita e altri in cui bisogna salvare la propria coscienza. Claus von Stauffenberg e i congiurati del 20 luglio 1944 capirono a un certo punto che era loro dovere mettere a repentaglio la prima per poter preservare la seconda: di fronte a se stessi, di fronte all’umanità, di fronte ai posteri. Il fallimento dell’operazione non cambia il significato del gesto.
Militare, aristocratico, uomo d’ordine, Stauffenberg sapeva che c’è ordine e ordine: e Hitler stava cercando di imporre – all’Europa intera e al suo stesso paese – quello dei cimiteri. La resistenza antinazista fu anche questo: un modo per salvare l’onore della propria nazione di fronte al resto del mondo. Un modo per poter dire: ho provato a far qualcosa per oppormi a questa tragedia.
Non possiamo sapere se ci siano degli Stauffenberg nella Russia di oggi. Non sappiamo neanche se ci siano dei Dino Grandi, vale a dire dei gerarchi capaci deporre il dittatore quando il dittatore porta alla rovina il proprio paese. La resistenza aperta – come quella che in Italia ha visto combattere sullo stesso fronte i comunisti, i socialisti, i cattolici, le Brigate Giustizia e Libertà, i liberali, i monarchici e l’esercito – ha un valore moralmente molto più grande delle congiure di palazzo, le quali non possono cancellare del tutto le colpe di chi nello stesso palazzo ha lungamente collaborato con il tiranno.
Eppure – di fronte a una situazione disperata – si deve confidare anche in questo. Davanti a un nemico del genere, è necessario fare tutto il possibile per disarticolare il ceto dirigente del regime e soprattutto creare fratture all’interno di quel gruppo di potere che ne determina la guida politica.
La resistenza alla tirannia è fatta anche di tanti piccoli grandi no. E sono quei no che oggi vorremmo sentir risuonare in Russia: non soltanto da parte dei cittadini comuni – che rischiano il carcere per poter rivendicare il loro inalienabile diritto a manifestare il proprio dissenso – ma anche tra i vertici della nazione.
Sono quelle élite che devono assumersi in questo preciso momento una responsabilità storica: risollevare la Russia – un luogo così importante per la cultura europea – da quell’abisso d’infamia e disonore in cui l’ha gettata quello spregevole assassino e terrorista internazionale che risponde al nome di Vladimir Putin. Costui si è già ampiamente guadagnato l’esecrazione del mondo intero e ha già scritto il proprio nome sulle pagine più buie della nostra storia recente.
In queste pagine saranno scritti anche tanti altri nomi: quelli dei suoi scherani, dei suoi complici, dei suoi tirapiedi in patria e all’estero. Ma questo libro degli orrori avrà, come spesso avviene in casi simili, numerosi fogli bianchi: rappresenteranno simbolicamente tutti gli ignavi che di fronte al male non hanno saputo reagire, voltandosi dall’altra parte.