Parte dell’essere genuinamente liberali significa difendere la libertà di espressione anche, e forse soprattutto, di chi non la pensa come noi. Questo principio non è derogabile. È un dogma dal quale non si può prescindere, eccetto nel caso in cui il diritto di parola venga abusato per danneggiare la nazione, diffondere odio o fare apologia di reato.
Nel caso del Prof. Orsini della LUISS non abbiamo mai assistito a niente di tutto questo. Possiamo certamente essere in disaccordo con le sue affermazioni e le sue posizioni. Anzi, per certi versi è doveroso controbattere alle sue dichiarazioni. Lo possiamo ovviamente anche criticare aspramente, ma non possiamo né accettare che venga ridotto al silenzio né pretendere che prima di proferire ogni parola lui debba spendere tempo in premesse, o finanche scuse, per dimostrare che non è un putiniano.
Questa è censura, la più becera affermazione del principio politicamente corretto della “cancel culture”. È l’affermazione dell’idea totalitaria, collettivista, dispotica, che l’individuo si debba piegare, dimostrandolo costantemente nelle parole e nei fatti, alla presunta volontà unanime del popolo incarnata dai suoi leaders. Non esiste nulla di più lontano dal liberalismo e dai valori che diciamo di voler difendere. Se perdiamo di vista quei valori, quei principi, spiegatemi sinceramente per cosa starebbero oggi combattendo davvero gli ucraini?