Come in ogni crisi che si rispetti le televisioni si riempono di esperti più o meno competenti di eventi bellici, provenienti da istituzioni accademiche spesso dal nome prestigioso. Pessimisti professi, forti della consapevolezza che la paura vende, si sbracciano a sostenere che Putin finirà per usare armi di distruzione di massa, dall’atomica alle armi chimiche. Per loro l’operazione militare convenzionale russa in Ucraina starebbe fallendo e dunque l’autarca moscovita non avrebbe altra via d’uscita che bombardare per salvare il proprio onore (e anche la propria vita), evitando di fallire miseramente una campagna che forse in molti nel suo stesso apparato di sicurezza giudicavano avventata.
L’adamantina certezza con la quale i nostri esperti dichiarano imminente una guerra termonucleare rasenta il ridicolo. Certo non si può escludere che la Russia possa usare armi non convenzionali. Tuttavia, il ragionamento degli analisti riposa su due lacune gravissime: prima di tutto l’assunto che l’invasione stia fallendo è profondamente irrealistico e non tiene conto né del fatto che fino ad oggi sia coerente con la dottrina militare russa né che dopo solo 13 giorni di campagna ogni giudizio sia prematuro.
Secondo poi, come spesso accade quando non hanno un background o un amico militare a tenerli in bolla, sembra che gli esperti dimentichino che ogni forza armata che si rispetti si è dotata negli anni di una robusta dottrina nucleare e di una catena di comando progettata per evitare errori o scelte avventate che possono portare a eventi definiti come exctinction-level e cioè tali da provocare la distruzione della civiltà umana.
Insomma, se non è possibile escludere a priori un intensificarsi del conflitto in una dimensione nucleare tattica o globale è bene frenare gli “entusiasmi” e il pessimismo forzato che la vede già una certezza. Calm the F* down direbbero gli americani e cerchiamo di usare la testa.