Al fianco dei terroristi di Hamas si schiera la delinquente teocrazia dell’Iran, che sopprime i diritti e arresta, tortura ed uccide chi chiede democrazia. Lo stesso Iran, schierato al fianco del terrorista Putin, che aggredisce uno Stato sovrano, uccide civili inermi ed in Africa, al fianco della Cina, destabilizza il continente. E dalle nostre parti, i pacifisti, i filocinesi e filoputiniani, si schierano con i terroristi della Palestina. E non è una coincidenza.
Il populismo sovranista destro sinistro italiano è una coalizione (in questo caso ha senso definirla così) illiberale, punto. Il liberalismo in questo scontro di civiltà in atto non ha alternative se non quella che passa dalla difesa di Israele e dalla liberazione dell’Ucraina. Se alla fine essa soccombe, la prossima ad essere attaccata sarà Taiwan. La posta politica in gioco in occidente, dalle elezioni presidenziali americane a quelle europee, è sconfiggere il populismo sovranista ovunque si annida, sotto qualunque forma si presenta.
Davanti all’attacco terroristico contro Israele, le forze politiche italiane che rappresentano la liberaldemocrazia dovrebbero, in un sussulto di orgoglio, rinunciare alla corsa (inutile) per “marcare il territorio,” ricercare la visibilità personale e presentarsi uniti alle elezioni europee invece di rischiare di rimanere “decapitati” dalla ghigliottina del 4%. Purtroppo il centro politico in Italia è come l’adulto che vuole continuare a essere bambino e per questo non riesce, ma soprattutto non vuole tagliare i cordoni ombelicali con mamma e papà (destra e sinistra) e con la triste quanto ridicola vicenda del fu Terzo Polo abbiamo toccato con mano come tutto ciò sia maledettamente reale.
Leggi anche: L’obiettivo nascosto di Hamas: la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita
Eppure sarebbe questo il momento di trovare il coraggio ma anche l’ambizione di rompere i vecchi schemi e magari il partito democratico americano rappresenti la sponda a chi, dentro il partito repubblicano, si oppone al Trumpismo e faccia lo stesso in Europa con Renew Europe verso il PPE. Se tutto rimane dentro gli angusti confini di destra contro sinistra, oppure si ripropone sclerotizzate maggioranze “Ursula,” la sfida del liberalismo non si vince. Rispetto a questo, in Italia, c’è l’aggravante che continua ad esserci un morbo che corrode la società, si oppone a tutto ciò che rappresenta il liberalismo: questo morbo si chiama antifascismo.
Come non vedere che l’antifascista è sempre più sinonimo di pacifista, di filoputiniano. L’antifascismo vuol dire parzialità. Essere antifascista non vuol dire essere anti-totalitario. Essere anti-totalitario significa essere contro ogni dittatura, contro ogni forma di oligarchia, contro ogni forma di fondamentalismo religioso e quindi anche antifascista. L’incontrario semplicemente non esiste. Essere antifascista non ha mai comportato l’essere, per esempio, anticomunista, che, al di là dell’intervento opportunistico del regime sovietico nella seconda guerra mondiale, non ha niente di diverso, salvo i simboli del regime. Essere antifascista non ha mai significato essere, senza se e senza ma, a fianco di Israele la cui “colpa” è quella di essere uno stato di stampo occidentale fondato sui principi di libertà, democrazia e stato di diritto in un’area geografica dove queste cose non sanno nemmeno che esistono in quanto in netta contrapposizione con il fondamentalismo religioso in atto.
Sullo sfondo rimane come un’icona, come l’eterno tatuaggio, la riflessione di Sciascia: non c’è peggior fascista dell’antifascista che bolla di fascista chi non la pensa come lui. Ecco, il liberalismo in quanto anti-totalitario rappresenta anche l’antifascismo, ma questo, nonostante tutta la retorica sul valore della libertà, rimane succube di se stesso, della sua visione ideologica in cui il male è a destra e il bene è a sinistra e che lo rende di fatto oppositore al liberalismo.