Mai come oggi viviamo il tempo in cui la politica è propaganda e sindacato di interessi corporativi, senza saper essere scelta, visione, sintesi fra discordanze e soluzione dei problemi. È così che Giorgia Meloni consigliata dai sondaggi ha cambiato un’altra volta idea e ha fatto ritirare ai suoi “maggiordomi” in Commissione -tali ormai sono i parlamentari schiacciabottoni nei partiti 4.0- l’emendamento soppressivo del testo sul salario minimo, che domani inizierà il proprio iter in aula alla Camera.
La “guerra santa” intrapresa da Matteo Renzi contro questa proposta, un faticoso compromesso fra partiti tanto diversi da essere opposti, ha un significato psicologico prima che tattico. La veemenza e costanza con cui da settimane Renzi e la sua azienda, partito e giornale, si scagliano contro il salario minimo, esprimono un meccanismo mentale, che è noto e accertato scientificamente: la sindrome del neofita. Non si spiega altrimenti l’aggressività contro una misura di dignità nel Paese, l’Italia, che è l’unico Stato europeo dove in 30 anni (1990-2020) i salari sono diminuiti e dove nell’ultimo anno si è registrato il maggiore calo dei salari reali tra i Paesi OCSE a causa dell’inflazione, la più alta rispetto a economie analoghe alla nostra come Germania e Francia.
Matteo Renzi, l’ex leader della sinistra che portò a Strasburgo nel 2014 il PD dal gruppo democratico a quello del “socialismo europeo”, fu folgorato dal liberalismo -forse dopo aver conosciuto Conte, è giustificabile da questo punto di vista- e rinnegò il suo passato. È così che l’entusiasmo del convertito ha probabilmente preso il sopravvento e ha spinto il Matteo liberale a una furia iconoclasta per cancellare in ogni modo il Matteo socialista?!
Non è dato saperlo, ma ci sarebbe da sorridere, se non si trattasse di un provvedimento che dà senso all’impegno politico, potendo cambiare la vita quotidiana di milioni di lavoratori poveri e precari. Ci conforta il pensiero che in questo teatro delle maschere, l’attore ha recitato la propria parte e poi arriverà a votare a favore di un provvedimento di buonsenso.
Poi c’è la tattica e quella suggerisce l’esito di un percorso, se pensiamo all’elezione di La Russa alla Presidenza del Senato con i voti di alcuni amici di Italia Viva, all’elezione di Maria Elena Boschi alla Vice-Presidenza della Vigilanza Rai e Ettore Rosato al Copasir per il gruppo IV-Azione, fino al ruolo di avvocato in difesa di Berlusconi dai giudici di Firenze con “osservazioni” alla Meloni per le parole rivolte a Marina e appunto al salario minimo.
Sì, si dice spesso che il calcio è una metafora della vita, forse lo è, certamente risponde a logiche di mercato. E sì, si dice spesso che è pure una fede, tanto da paragonarlo alla politica. In questo senso la storia ci racconta celebri conversioni e cambi maglia fra giocatori leggendari che passarono da una squadra a un’altra, fino a una considerata come acerrima nemica. È di questi giorni l’ingaggio di Cuadrado dalla Juventus all’Inter e il clamoroso passaggio di Lukaku in direzione opposta…ma attenzione Matteo, i tifosi seguono la squadra, non il calciatore.