“La battaglia del grano di Putin è ben diversa da quella di mussoliniana memoria. Il despota del Cremlino non intende conseguire l’autosufficienza alimentare per il suo popolo, come vagheggiava il duce del fascismo alla ricerca di, già allora, impossibili autarchie. A Vladimir Putin, evidentemente, del suo popolo interessa poco o nulla, altrimenti non lo avrebbe mandato a morire per riportare l’aquila (bicipite) dell’impero sulle cupole fatali di Mosca, invadendo un paese vicino e massacrando un popolo fratello. Degli ucraini, il popolo fratello di cui sopra, gli importa evidentemente ancor meno.” Così il professore Vittorio Emanuele Parsi nel suo articolo sul Foglio. La recente battaglia del grano tra Russia e Ucraina sta avendo effetti di vasta portata sulla stabilità dell’Europa, mettendo in evidenza l’aggressività del regime di Vladimir Putin e la sua mancanza di scrupoli nel perseguire i propri interessi. A differenza del passato, questa guerra non mira all’autosufficienza alimentare russa, ma sembra avere uno scopo più sinistro e disgregante.
L’obiettivo di Putin sembra essere quello di minare l’ordine internazionale e le regole che lo governano, con l’intento di sostituirlo con un suo disegno nichilistico e oscuro. Egli crede che la destabilizzazione dell’Europa e la creazione di caos e distruzione possano giovare ai suoi fini. Molti paesi europei, già alle prese con difficoltà interne, sono divenuti oggetto della propaganda russa, alimentando il disagio dell’opinione pubblica e mettendo sotto pressione i sistemi democratici.
La guerra del grano diventa un’arma sottile per Putin, poiché contribuisce ad acuire l’emergenza migratoria che sta già affliggendo l’Europa. Mentre i flussi migratori hanno radici complesse, in parte correlate a rapporti economici mal gestiti tra il nord e il sud del Mediterraneo, Putin sfrutta questa situazione per mettere ulteriormente alla prova la solidarietà europea e creare tensioni tra i paesi dell’UE.
Tuttavia, è essenziale riconoscere che la crisi migratoria non è causata esclusivamente dalla Russia, ma è il risultato di un insieme di fattori complessi. La politica di Putin di affamare i paesi del sud globale potrebbe rendere ancora più critica la situazione, ma è necessario affrontare le questioni strutturali e il cambiamento climatico che contribuiscono a tale emergenza.
Turchia e Occidente più vicini che mai: Putin in difficoltà
Una possibile soluzione per rendere compatibili le aspirazioni delle società coinvolte nell’immigrazione forzata è lo sviluppo economico, politico e sociale nelle regioni di provenienza. Gli investimenti mirati a creare opportunità in questi territori potrebbero ridurre la necessità di emigrare. Allo stesso tempo, occorre affrontare la questione dell’immigrazione in modo solidale ed efficace, trovando un equilibrio tra la legittima ricerca di una vita migliore da parte dei migranti e la necessità di controllare gli arrivi in maniera ordinata.
Inoltre, l’Europa deve affrontare la propaganda russa che cerca di minare l’unità dell’UE e seminare discordia tra i paesi membri. Un piano di sviluppo simile al “Piano Mattei” proposto potrebbe essere una soluzione possibile, ma è importante spiegarne i dettagli e ottenere il consenso delle opinioni pubbliche. Inoltre, gli stati di transito devono essere coinvolti nel controllo e nella gestione dei flussi migratori irregolari.
L’Europa deve restare unita contro l’aggressione di Putin e difendere i principi democratici. La solidarietà tra le democrazie è fondamentale per contrastare minacce interne ed esterne. Mentre non si può imporre la democrazia agli altri, è cruciale difendere i principi democratici e lavorare per il benessere di tutte le società coinvolte, anche in un contesto di crescente complessità e sfide globali.