Dunque, siamo arrivati a questo? “Lo stato di diritto viene utilizzato contro i governi distonici rispetto al mainstream”. Già, avete capito bene, è uscita proprio dalla bocca di Giorgia Meloni. Un’affermazione tanto sconcertante quanto pericolosa, che denota non solo un malinteso abissale del concetto di “stato di diritto”, ma potrebbe anche forgiare un pericoloso lasciapassare per comportamenti che, in qualsiasi altro contesto, sarebbero palesmente inaccettabili.
Prendiamo per esempio la tragicommedia che si sta svolgendo in Polonia e Ungheria. Questi due ‘ribelli’ dell’UE sono costantemente al centro dell’attenzione per le loro marachelle politiche, tra cui la noncuranza, se non il disprezzo, dello stato di diritto. In Ungheria, l’UE ha dovuto mettere mano alla borsa e bloccare miliardi di euro di fondi a causa di timori ben fondati relativi all’indipendenza giudiziaria e alla corruzione. Il copione si ripete in Polonia, dove la Commissione europea ha sollevato un sopracciglio per una nuova legge sui “legami filorussi”.
E poi, come ciliegina sulla torta, Ungheria e Polonia stanno tentando di mantenere la regola dell’unanimità nell’UE, una mossa che sembra progettata per gettare un bastone tra le ruote del processo decisionale collettivo. Un’azione interpretata come un tentativo di sfidare un gruppo di paesi dell’UE che vorrebbero passare da un sistema di voto all’unanimità a uno di maggioranza qualificata.
Ma facciamo un passo indietro e riprendiamo le redini della razionalità. Lo stato di diritto non è un’arma da scagliare contro gli avversari politici. È un principio fondamentale che afferma che nessuno, neanche i governi, è al di sopra della legge. Funziona come un baluardo contro l’arbitrio, l’abuso di potere e la corruzione.
Tuttavia, per la Meloni, lo stato di diritto sembra un meccanismo di repressione, usato per colpire i governi che non vogliono ballare al ritmo del “mainstream”. Questa interpretazione è miope e pericolosa, poiché rischia di fornire un alibi per comportamenti antidemocratici o abusi di potere.
E poi c’è la questione della fiducia. Secondo la Meloni, lo stato di diritto sarebbe un burattino nelle mani dei potenti, una tesi che potrebbe far crollare la fiducia del pubblico nel sistema giuridico. Un gioco rischioso che pianta il seme del dubbio e della disillusione nelle istituzioni democratiche. Tutto questo in un momento in cui l’Unione Europea, e il mondo intero, hanno più che mai bisogno di stabilità e fiducia nel sistema democratico.
La Meloni può avere delle critiche valide verso l’UE e le sue istituzioni, ma lo stato di diritto non è un giocattolo politico da sbandierare a proprio piacimento. È un principio imprescindibile che sostiene qualsiasi democrazia degna di questo nome. Le sue parole, cariche di retorica e stridori, rischiano di fornire un velo di rispettabilità a comportamenti che, in qualsiasi altro contesto, sarebbero giustamente bollati come inaccettabili.
È quindi ora di riaffermare con forza l’importanza dello stato di diritto. Non come una freccia da scoccare contro i “disonanti” del mainstream, ma come il pilastro portante di una democrazia solida e resistente. È necessario criticare, discutere e contestare, ma mai a discapito di questi principi fondamentali. Ora più che mai, dobbiamo battersi per preservare l’integrità del nostro sistema democratico, e non permettere che venga distorto da interpretazioni miope e manipolazioni politiche.