Com’è possibile che persino l’ovvia e banalissima tesi secondo cui la scuola debba basarsi sul merito scateni proteste e contestazioni? E che i professori universitari si meraviglino di avere studenti usciti dai licei assai poco preparati, come provenissero da altri pianeti? Dare la colpa alla politica, probabilmente, è troppo semplice e, a ben guardare, la vera responsabilità non può che essere degli intellettuali, lontani da decenni al tema del merito. I più colpevoli di tutti sono proprio gli appartenenti alla élite culturale, quelli che occupano le posizioni di vertice in tale categoria. Del resto, scienziati e scienziate hanno sempre stigmatizzato il disinteresse generale per la scienza, ma di scuola non hanno mai parlato. Colpevolmente. E quasi nessuno dei veri o presunti intellettuali di questo Paese ha mai mosso un sopracciglio, qualunque cosa facessero in materia scolastica sia i governi di sinistra che quelli di destra. Nessuno di loro protesto, ad esempio, quando, sotto dettatura sindacale, venne introdotto il modulo dei tre maestri nella scuola elementare: non per migliorare la didattica ma per ragioni occupazionali. E nessuno di loro fiatò quando un governo di destra (ma col voto favorevole dell’opposizione) eliminò gli esami di riparazione colpendo e affondando uno degli ultimi baluardi sopravvissuti a difesa del merito.
Da decenni la scuola è principalmente una macchina che serve per assorbire occupazione, non per dare una buona istruzione agli alunni, La politica, incoraggiata dal disinteresse della élite culturale, si è sempre preoccupata solo di riempire le caselle, di piazzare personale insegnante (quale che fosse la preparazione dei reclutati) dentro le scuole. Non si è mai occupata – i sindacati non lo avrebbero mai permesso – della qualità degli insegnanti e dell’insegnamento. E questo è il risultato. Intendiamoci: ci sono, nella scuola italiana, a di-
spetto dei santi, molti docenti bravissimi che fanno con passione il loro lavoro. La loro esistenza però è un fatto straordinario.
Ben venga, dunque, la riaffermazione del merito e anche e soprattutto lo scontro politico e intellettuale perché se l’élite di un Paese si disinteressa della qualità dell’istruzione, autorizza a disinteressarsene anche gli altri. E in questo non c’è merito.