“Ora si parla di un congresso straordinario della Lega. Ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi. Stay tuned”. La tocca pianissimo Roberto Maroni, tra i senatori della Lega, che in un suo intervento su Il Foglio oggi ha spedito in pre pensionamento il segretario del Carroccio Matteo Salvini. Leggitimando, di fatto, il tiro al bersaglio nei confronti del Capitano, con i maggiorenti della Lega pronti a dar battaglia al congresso per la segreteria.
“Il popolo ti delega a rappresentarlo, quando non lo rappresenti più ti toglie la delega” aveva detto, citando Rousseau, il governatore del Veneto Luca Zaia nella prima analisi del dato del voto, disastroso per la Lega. Ovvio che il riferimento è a Salvini. Più duro ci è andato l’ex segretario Paolo Grimoldi, che ha chiesto la testa del leader leghista. “La dignità imporrebbe dimissioni immediate, abbiamo perso in maniera disastrosa – ha detto -. Ora, servono subito i congressi per ricostruire il movimento. Persino i 5stelle ci hanno superato e siamo appaiati a Calenda e alla ‘morente’ Forza Italia, nonostante un’affluenza molto bassa al Sud. Un disastro assoluto”. “Trovo singolare che una forza che si definisce ‘autonomista’ abbia gestito tutta la campagna elettorale solo con commissari imposti dall’alto – ha incalzato Gismondi -, spesso persino con nomine ad hoc in segreterie locali e a volte commissariando solo con l’arroganza, anche formale, di un sms e, cosa gravissima, in sfregio all’opinione dei militanti, senza mai aver coinvolto la base, i territori e gli amministratori locali in scelte, nomi e neppure motivazioni di un commissariamento. Troppe volte senza neppure il rispetto umano di una telefonata”.
In linea con gli altri le parole dell’ex segretario provinciale di Varese Matteo Bianchi, parlamentare uscente non rieletto che ha criticato molto pesantemente la gestione del partito, analizzando le ragioni del risultato elettorale. “Le avvisaglie c’erano tutte – ha detto Bianchi -: destrutturazione del partito sui territori, abbandono frettoloso dei temi sui quali la Lega è nata e cresciuta per andare in cerca di un facile consenso a latitudini in cui l’alta volatilità del voto è da sempre cosa nota; non ultimo, la selezione dei candidati eleggibili in Parlamento in base a logiche di vicinanza e accondiscendenza verso i piani alti, senza riguardo per la base e per il suo legittimo desiderio di mandare a Roma persone che siano realmente rappresentative del proprio territorio. Ecco alcune delle ragioni profonde del disastro elettorale della Lega”.
Durissimo anche l’ex presidente della provincia di Varese ed ex capogruppo alla Camera dell’allora Lega Nord Marco Reguzzoni. “A Varese la Lega è stata superata da Azione di Calenda ed è solo il quarto partito. Prima ci sono Fratelli d’Italia, Pd, Azione… Questa Lega ha abbandonato la sua storia, ha abdicato a favore di altro – attacca –. E’ tornata alle ideologie, alla contrapposizione destra-sinistra. Un errore madornale”. Reguzzoni rimpiange Bossi, anche lui rimasto fuori dal Parlamento. “La vera contrapposizione è Nord-Sud, il voto ci dice che non si vince facendo credere che ci sia una contrapposizione destra-sinistra, perché il tempo delle ideologie è finito. Ci dice che è anche fallimentare riproporlo – conclude -. Non si può barattare l’autonomia, la libertà dei territori, la libertà d’impresa e dei Comuni virtuosi per parlare solo di immigrazione e barconi. La Lega non è nata per questo. È nata per realizzare un progetto sociale, economico, culturale, rispettoso delle diversità, ma a tutela dei diritti delle identità del Nord. E in Europa, convintamente in Europa. Non un giorno fuori e l’altro dentro dall’euro”.