Non è un caso se il culmine dell’astensionismo si raggiunga proprio adesso. Proprio ora che il mondo sembra ripiombato indietro di cinquant’anni. La pandemia, la guerra, la minaccia nucleare, l’inflazione, l’incertezza economica sono alla radice del disinteresse per le imminenti elezioni.
La sua crescita, soprattutto tra i giovani, indebolisce la partecipazione politica e corrode alla base i fondamenti democratici della società civile. E questo è un rischio che non si può assolutamente correre. I politici hanno il compito, anzi il dovere, di coinvolgere i cittadini ed aiutarli a saper decifrare questa nuova realtà; perché sono loro, in primis, a riflettere il contesto e i tempi in cui vivono.
Del resto, scrive oggi Gianmario Verona sul Corriere della Sera, “la politica da quando è nata, prima di essere arte di governo, è ricerca di consenso”.
I politici, oggi, dovrebbero parlare agli elettori non banalizzando la complessità, ma mettendoli nelle condizioni di saperla interpretare; perché come ci insegna “il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi – scrive sempre Verona – deve essere affrontata accettandola e studiandola, anziché semplificandola limitandosi ad ascoltare messaggi superficiali”.
D’altro canto anche gli elettori hanno il compito di informarsi, attraverso gli incontri sul territorio per esempio, per essere consapevoli di affidare il proprio voto a chi saprà ben governare e gestire le sfide di un periodo storico internazionale non certo semplice. Perché una cosa è certa: il partito degli astenuti non siederà a Palazzo Chigi e non esprimere il voto equivale a rinunciare all’unica arma che si ha a disposizione per cambiare le cose.