“Salvini e Meloni pensano che nell’Italia di oggi il discorso di destra possa egemonizzare anche il centro, senza bisogno di annacquare le loro idee con una proposta specifica per i moderati, fagocitati dall’estrema, destinati all’estinzione: perché secondo questo schema, rovesciando la profezia di Pintor, moriremo di destra. Resta soltanto una domanda: in tutto ciò, la borghesia non ha niente da dire?”. A porla, oggi su Repubblica, è Ezio Mauro, che spiega come, oggi, il centro del sistema politico italiano sia diventato un luogo mitologico che “compare in ogni campagna elettorale, per poi sfumare nel voto come un miraggio”.
“L’avvento del sistema maggioritario – spiega Mauro – ha polarizzato il campo in una sfida a due tra destra e sinistra. Ma è dentro i due poli che sono successe le trasformazioni più importanti dal punto di vista della cultura politica e quindi dell’identità. Nel campo che si definisce progressista si è accentuata l’inclinazione verso il centro, come una propensione naturale che nasconde una debolezza culturale, quasi che la sinistra non fosse convinta della sua dotazione tradizionale di cultura di governo, avesse costantemente bisogno di un accreditamento ulteriore e cercasse sempre l’ultima infinita legittimazione. Un dato psicologico più che politico. Da un lato deriva dal deficit di rendiconto degli ex comunisti, che invece di sciogliere i nodi della loro storia dall’interno, andando a fondo, hanno preferito risolverla dall’esterno, con una continua prova di accettazione. Dall’altro lato tutto ciò dipende dalla distorsione del sistema che ha portato la sinistra a governare (senza aver vinto le elezioni) per una lunga stagione anomala, diventando per forza di cose l’area politica della responsabilità generale, potremmo dire la spina dorsale del sistema, quindi inevitabilmente establishment. È un rovesciamento di schema: invece di stimolare le classi dirigenti a modernizzarsi nelle pratiche e nei costumi, attaccandone i vizi e criticandone i ritardi, la sinistra si è sovente accontentata di cercare una loro benedizione che spesso è sembrata una cooptazione. Non un patto per l’innovazione del sistema, stimolando l’élite alla prova dei fatti, ma un riconoscimento reciproco tra ceti dominanti, in politica e nel sociale, senza popolo”.
A destra il movimento è stato, invece, di segno opposto. “La stabilità democristiana infatti si basava in gran parte sulla capacità di quel partito di drenare istinti e pulsioni di destra (che evidentemente correvano sotto la pelle della società italiana, come abbiamo visto negli ultimi decenni) per risolverli al centro, in qualche modo neutralizzandoli per assorbirli in una pratica sperimentata di governo. Dal 1994 in poi, con l’avvento
di Berlusconi, l’operazione è continuata, ma in senso contrario: il partito – aggiunge Mauro – più forte funzionava come un’agenzia che accoglieva e interpretava sentimenti politici moderati e li autorizzava a trovare la loro espressione compiuta a destra, incoraggiandoli a osare, a fuoruscire dai limiti del moderatismo, e facendo cadere una sorta di interdetto culturale che aveva funzionato fino a quel momento”.
Il tutto senza senza sentire il dovere politico fondamentale di distinguere e scegliere tra le varie destre possibili. “La Lega e Fratelli d’Italia sono due partiti con ogni evidenza estremi, nel senso che sulla scala politica italiana occupano entrambi una posizione molto lontana dal luogo dei valori e degli interessi moderati: e per la prima volta — ecco il punto — questi movimenti che si propongono di governare il Paese, e hanno buone chance di riuscirci, non costruiscono il loro percorso di successo passando attraverso il centro e proponendosi di conquistarlo. Proprio in vista della prova di governo e delle preoccupazioni italiane e internazionali, si poteva immaginare una virata al centro — magari anche strumentale — che smorzasse le punte ideologiche del discorso di Salvini e Meloni. Invece niente. Non sono mancate le occasioni, come sappiamo bene: è mancata la volontà, nel senso che i due leader hanno fatto una scelta precisa che li porta a scommettere su una identità nettamente di destra, più nazional-sovranista per Fratelli d’Italia, più populista e cristianista per la Lega, ma senza compromessi con il centro: una destra al cubo”.