“La destra si batte non agitando uno spauracchio, ma smontando le loro ricette. Dimostreremo che questa destra è una tigre di carta”. A dirlo è l’avvocato del popolo Giuseppe Conte, che ha scelto di far ricorso all’espressione usata per la prima volta nel ’46 dal capo dell’esercito di Liberazione Popolare Cinese e futuro presidente della Cina, Mato Tse Tung. La stessa impiegata da Goffredo Bettini del PD per definire Renzi, ma anche da Pierluigi Bersani per rassicurare lo stesso Conte sulla possibile caduta del suo governo (che poi si concretizzò). “In una fase così delicata, che risposte può dare una coalizione che ha ritenuto prioritario trovare la quadra sulla spartizione dei collegi prima che sul programma? La legislatura inizierà con la legge di Bilancio: Salvini e Berlusconi giocano a chi la spara più grossa sulla Flat tax che è una presa in giro, mentre Meloni ancora non si è capito se la voglia”, ha attaccato il leader del M5s in un’intervista concessa stamani ad «Avvenire». Conte, rientrato dopo una vacanza al Circeo, ha definito poi il programma dei grillini e dulcis in fundo non ha risparmiato qualche frecciatina al premier Mario Draghi.
“Noi siamo nel campo giusto, dove i valori euro-atlantici e progressisti incontrano i capisaldi della storia a 5 stelle: transizione ecologica ed energetica, progressività fiscale, lotta al precariato, inclusione sociale. Non ci troverete in ammucchiate dell’ultimo minuto o in cartelli elettorali nati nei palazzi. L’agenda del M5s parte dalle urgenze dei cittadini e guarda a quel 2050 presente nel simbolo”, ha dichiarato Conte. A proposito del 110% e del cashback che ha aiutato soprattutto i ricchi, il leader pentastellato ha detto: “No, nessuna abiura. Il Superbonus ha trainato il Paese contribuendo in modo decisivo al +6,6% di Pil ed è stato applaudito dai vertici di Bruxelles, mentre il premier Draghi ne parlava male. Il cashback ha spinto in alto i consumi ed è stato un alleato indispensabile in quella lotta all’evasione che ogni anno costa al Paese 100 miliardi di euro. Credo anzi che si possano migliorare queste misure che hanno già dato tanto al Paese”.
E non è stata la sola bordata all’ex numero uno della Bce. A proposito dell’agenda Draghi Conte ha fatto ammuina: “Nessuno ha mai capito cosa fosse questa agenda, se fosse stata scritta, quali capisaldi contenesse, se lo stesso premier l’avesse vergata di suo pugno o in compagnia di qualche suo fedelissimo”. E sulla possibilità di un sostegno ad un governo Draghi bis in caso di pareggio alle elezioni Conte ha asserito: “Mi sento di poter escludere questa ipotesi, che comunque non mi sembra sul terreno”. A detta sua il M5s non fa balletti: “Noi abbiamo un’agenda sociale in 9 punti, che avevamo portato all’attenzione del premier Draghi e delle forze che si definivano progressiste. Queste priorità si trovano ora in un contesto più ampio per il Paese. Noi parliamo di temi: altro non ci interessa”. Sulla nascita del terzo polo Conte ha affermato: “Non temo l’ambo Calenda- Renzi: non si prendono, ma sono costretti a convivere per meri interessi di poltrona”. E ancora: “Per loro l’Italia è una questione secondaria”.
Praticamente soltanto al M5s le sorti del Paese stanno particolarmente a cuore? Ci tengono talmente tanto i pentastellati che hanno innescato una crisi di governo che ha mandato a casa l’italiano più autorevole e competente sulla piazza. A leggere l’intervista di oggi Conte sembra avere i nervi tesi come una corda di violino. Sicuro sicuro che non fosse (e non sia) un pizzico invidioso di Draghi? E siamo sempre certi che non abbia in verità paura dell’alleanza tra Calenda e Renzi, la vera novità di queste elezioni?