Quella di ieri per il presidente del consiglio Mario Draghi era la conferenza stampa numero 92, ma la prima da dimissionario. All’illustrazione del nuovo decreto del valore di 17 miliardi che prevede nuovi aiuti sulle bollette per famiglie e imprese, novità sui salari e sulle pensioni, l’ex numero uno della Bce ha accompagnato un elogio (misurato si intende) dell’operato del suo governo. Draghi ha ringraziato soprattutto il ministro dell’Economia Daniele Franco «che quest’anno e l’anno scorso ha prodotto 3-4 finanziarie: un impegno del Ministro e di tutta la struttura del Ministero dell’Economia e delle Finanze veramente straordinario, non credo che abbia precedenti». «In realtà son tante le cose non hanno precedenti», ha poi aggiunto il premier. E il tono con cui ha pronunciato queste parole lasciava intravedere un profondo senso di amarezza. Come a voler dire: abbiamo lavorato bene, ma siam caduti lo stesso; a voler evidenziare che molto altro si sarebbe potuto fare se non ci fosse stata di mezzo l’irresponsabilità di certi partiti. Palpabile in tutto il discorso di Draghi il dispiacere di non poter ultimare il lavoro avviato nel febbraio del 2021 e forse anche di essersi fidato troppo. Un fastidio che in alcuni punti è diventato ironia (perché se la tristezza non la trasformi in qualcosa di buono e utile la stai sprecando). E infatti durante il suo intervento il premier non ha risparmiato delle velate stoccate a chi verrà dopo di lui.
“La crescita annuale acquisita finora è pari al 3,4%, più di quanto era stato stimato dal Mef in aprile per tutto il 2022. Si tratta di un dato molto positivo sia se lo confrontiamo con il passato recente sia se lo confrontiamo con tutti gli altri Paesi. Negli ultimi due anni la crescita è stata del 6,6% l’anno scorso e ad oggi siamo al 3,4% acquisito. Nel corso degli ultimi venti anni l’Italia non era mai cresciuta oltre il 2%, quindi questo confronto con il passato vede gli ultimi due anni a una crescita veramente straordinaria. Anche se vediamo le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale, emerge che nel 2022 cresceremo più della Germania, della Francia, più della media dell’area dell’Euro, più degli Stati Uniti. Anche i dati sul mercato del lavoro sono incoraggianti: il tasso di occupazione a giugno ha superato il 60%, il dato più alto dal 1977. Rispetto a un anno fa ci sono 400mila occupati in più, di cui circa metà sono a tempo determinato però”, ha detto il presidente del consiglio. Poi ha messo in guardia tutti: “Dopo questa illustrazione dei successi, bisogna anche dire che ci sono delle nuvole all’orizzonte. Soprattutto a causa della crisi energetica, dell’aumento del prezzo del gas e anche, in generale, di un rallentamento significativo nel resto del mondo, le previsioni sono preoccupanti per il futuro. Quindi siamo andati molto bene, tra l’altro le previsioni terribili che venivano fatte all’inizio dell’anno sono state smentite dai fatti. Adesso dobbiamo prepararci ad affrontare il terzo e il quarto trimestre. Però non bisogna sottacere i problemi che già abbiamo oggi, cioè il carovita, l’inflazione, l’aumento del prezzo dell’energia e anche l’aumento dei prezzi di altri materiali, di altri beni, le difficoltà nell’approvvigionamento, il precariato che è ancora molto diffuso e – naturalmente – anche l’incertezza politica che è non è solo nostra ma è geopolitica, cioè le crisi che abbiamo nel resto del mondo”.
Quel “ci sono nuvole all’orizzonte” ovvio è un ammonimento a chi verrà dopo, a chi “sogna” di vincere le elezioni. Di fronte alle numerose sfide che attendono l’Italia serve innanzitutto “credibilità”, quella che non tutti i partiti possono vantare di possedere. La credibilità che il governo dimissionario al contrario aveva e intende conservare fino alla fine. Draghi l’ha fatto capire: non si può cambiar registro perché vorrebbe dire mettere in discussione il Pnrr come FdI dice di voler fare. Quel che è sicuro è che lui farà tutto il necessario per lasciare il Paese in forma: ha anticipato in conferenza stampa che il suo governo realizzerà tutti i 55 obiettivi del Pnrr entro fine anno. Incluso il decreto attuativo sui balneari, per intendersi. Come pure vorrebbe far approvare a settembre la delega fiscale sgradita al centrodestra. Non ha in animo di lasciare niente di intentato o di sospeso. Insomma vuol lasciare Palazzo Chigi alla sua maniera.
Alla fine dell’ultimo Consiglio dei ministri, il premier ha salutato tutti con un auspicio: “I migliori auguri che si verifichino tutti i desideri e i sogni di chi ha la campagna elettorale”. L’ha ripetuto anche in conferenza stampa e l’ha detto ammiccando un’espressione di compiacimento perché sa che i desideri di alcuni sono gli incubi di altri; che i sogni dei liberali sono le ossessioni di sovranisti e populisti. Ha conservato lo stesso sorriso per traverso quando in risposta ai giornalisti ha esclamato: “L’agenda Draghi è una risposta pronta ai bisogni dell’economia, delle famiglie più povere. E poi credibilità interna e internazionale”. Chi saprà farsi carico ora di questo metodo?