Un principio basilare di politica sanitaria è che nessuna riforma può essere efficace se, prioritariamente, non si organizza l’offerta di salute sul territorio. Eppure, lo abbiamo constatato anche con la pandemia, i servizi di prossimità sono sguarniti e del tutto inadatti ad una offerta sanitaria soddisfacente. A cominciare dai piccoli ospedali presenti sul territorio che una drogata visione iper aziendalistica della sanità vorrebbe cancellare.
Niente di più errato, i piccoli ospedali devono diventare efficienti presidi di prossimità territoriale aumentando i loro standard di qualità, altro ché depotenziamento. Devono essere attivati i punti di primo soccorso territoriali, ammodernato ed implementato il servizio 118, occorre far funzionare l’elisoccorso, potenziare i poliambulatori specialistici, organizzare i Day hospital ei Day surgery. Se non trovano risposte nei servizi di prossimità, i pazienti si rivolgono ai centri ospedalieri intasando il pronto soccorso, sovraccaricando le liste d’attesa, dando vita ad un gran numero di ricoveri inappropriati (con punte del 8%) con un livello di soddisfazione dell’utenza molto basso ed uno spreco di risorse notevole. Per quanto concerne la dimensione ospedaliera sarebbe davvero rivoluzionario e di grande utilità introdurre nella cultura della salute un modello di ricovero organizzato per livelli di intensità di cura piuttosto che sulla presa in carico per patologia.
Un modello basato su ricoveri brevi e multi-specialistici impostati su livelli di intensità assistenziale differenziata (dall’emergenza con l’occupazione di posti letto ad altissima intensità fino alla lungo degenza in posti letto a meda e bassa intensità con costi assai più contenuti). I principi su cui si basa questo modello sono la centralità del malato, il superamento della frammentazione delle prestazioni, la continuità delle cure e dell’assistenza, la circolarità tra ospedale e territorio nonché una migliore utilizzazione delle risorse. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale è uno dei migliori al mondo perché è stato capace di promuovere la salute secondo principi di universalità, uguaglianza ed equità di accesso alle cure. Certo è difettoso, incompleto ed ha costi elevati. Ma la promozione della salute ha in sé una dimensione etica che non può essere sacrificata alle stesse esigenze di economicità e quadratura di bilancio che si chiedono ad un ente puramente economico. Forse questa pandemia ci sta suggerendo che è giunto il tempo di cercare altri modi di pensarla, questa sanità pubblica, ricercando soluzioni innovative che richiedono in chi ci governa molto coraggio e grande solidità politica.