Un’arroganza senza limiti, condita dall’assoluta convinzione di essere nel giusto e di rappresentare le istanze degli italiani. Gli stessi italiani che da nord a sud dello stivale alle Amministrative hanno però dato loro il benservito e che adesso li considerano irresponsabili per aver scatenato una crisi di governo in uno dei momenti più difficili della storia del dopoguerra.
Nel Movimento Cinque Stelle siamo allo psicodramma: in Senato i grillini di Conte non hanno votato la fiducia a Draghi, costringendolo a dimissioni poi congelate da Mattarella, ma gli stessi esponenti dell’Esecutivo in forza al M5S sono ancora al loro posto. I Consiglio nazionale potrebbe decidere di ritirarli prima del discorso di Draghi di mercoledì, ma al momento sono ancora al loro posto. Una barzelletta, che farebbe anche ridere se di mezzo non ci fosse il destino di una nazione. Quel che resta del Movimento setta ormai sono solo macerie, tra un leader vittima di se stesso e della sua miope strategia (continua a ripetere come un mantra “la crisi non è colpa nostra”), divisioni tra chi vuole la riconciliazione e chi evoca lo strappo definitivi, ulteriori defezioni (ieri anche la senatrice Cinzia Leone ha lasciato il Movimento per accasarsi con Insieme per il futuro, come già fatto due giorni fa dal deputato Francesco Berti. E anche il capogruppo alla Camera Davide Crippa è in odore di abbandono) e tentativi estremi di ricorrere ai trucchi magici del passato per sperare di contare ancora qualcosa. Ma gli artifici pentastellati sono finiti.
Ora nel M5S c’è persino chi avanza la proposta di fare ancora ricorso alla rete chiedendo a iscritti e militanti (quei pochi rimasti) come procedere: il famoso deus ex machina di rousseaiana memoria buono per tutte le stagioni. Insomma, un gran casino: una situazione estrema che il M5S ha innescato e da cui però ora non sa come tirarsi fuori senza tirarsi addosso tutto come Sansone con i filistei. In un quadro simile, Conte e i suoi diventano facile bersaglio delle invettive di chi, come Matteo Renzi, preme per un Draghi bis senza grilli (e i numeri ci sarebbero pure). “Ciò che è successo in queste ore fa male al Paese – dice il leader di Italia Viva -. Il Movimento 5 Stelle si conferma per quello che è sempre stato: un danno per la credibilità delle istituzioni, un disastro per la vita dei cittadini italiani. Costringere Draghi a dimettersi è l’ultima infamia. Ed è una infamia che ci indebolisce anche in politica estera: su certi temi Draghi è uno statista, Conte uno stagista. Ieri ho detto quello che penso in Senato. Ci sarebbero molte cose da dire. Su Conte, su chi lo ha osannato in questi mesi mentre insultavano noi, sulla pochezza politica di chi pensa a se stesso mentre il Paese deve affrontare inflazione, pandemia, crisi energetica, migrazioni, siccità. Nel bel mezzo di una guerra, si capisce”.