Il vero nemico di Mario Draghi? Quel populismo contro cui si è battuto dal primo giorno in cui è divenuto capo del governo. Fateci caso: chi sono oggi è chi sono stati nell’ultimO anno e mezzo quello che hanno, dalla maggioranza e dall’opposizione, opposto resistenza alla politica capace ed efficace di Supermario?
I partiti populisti. E se oggi Draghi lascia, lo fa per la strategia senza responsabilità – e senza neanche troppo senso, neanche a mettersi nei loro panni – dei principi assoluti del populismo: i grillini, o quel che ne resta. Che probabilmente resteranno solo un incidente di percorso della storia se si andrà a votare anticipatamente, ma che, dopo essere stati per quattro anni autori di provvedimenti insostenibili come il RDC, oggi espongono l’Italia a un rischio enorme.
A nulla è servito il lavoro certosino di Draghi di spostare verso posizioni più moderate l’asse populista. Nonostante tanti cambiamenti nei partiti che fino ad oggi hanno composto la sua maggioranza (M5S ha subito una scissione, Salvini governa la Lega da commissariato), tuttavia, Supermario non ce l’ha fatta ad arrivare fino in fondo. E pensare che anche l’appoggio all’alleanza atlantica della Meloni sull’Ucraina aveva lasciato bene sperare! E invece niente, prima del canto del cigno Conte e il Movimento inducono Draghi alle dimissioni.
Come il comandante di una nave in mezzo alla tempesta, Supermario ha dato ancora una volta sfoggio delle sue qualità. Ma alla fine anche lui si è stancato e ha detto “basta, non è più un problema mio”. Ha provato a mettere in salvo l’Italia, e fino ad ora ci è riuscito. Ma adesso che succederà? Ora che i superpoteri di Mario non saranno più al servizio dell’Italia e non richiameranno la (bassa, bassissima) politica alla realtà, che ne sarà di noi?