Ma come si fa a non capire che il Ponte sullo Stretto è assolutamente necessario? Sembra assurdo, ma è proprio così e lo dimostra l’ennesimo rinvio. Ovvero l’ennesima occasione sprecata di crescita del Pil in Sicilia. Il dramma è che in questa regione si continuano a rincorrere progetti e opere fatte dal resto del Paese 30, 40, 50, 60 anni fa. Ad esempio in questo momento si sta lavorando alle ferrovie in Sicilia e, supponendo che si facciano, noi avremo una Catania-Palermo e una Catania-Messina con tecnologie convenzionali utilizzate in Calabria nel 1972 (ultimo tratto realizzato in Italia). Cinquant’anni dopo stiamo ancora iniziando a lavorare con quelle caratteristiche.
A tutto ciò si aggiunga che la Sicilia è la regione italiana con il più elevato numero assoluto di grandi opere incompiute: ben 162, pari al 25,3% del dato totale nazionale (640) secondo numeri non aggiornatissimi ma comunque indicativi della situazione. Escludendo l’ambito statale/sovra-regionale, la Sicilia si classifica, inoltre, al primo posto anche per lo spreco in termini economici: 488 milioni di euro, pari al 12,2% del dato nazionale che somma 4 miliardi di euro. Francesco Russo, docente ordinario di Ingegneria dei Trasporti all’Università di Reggio Calabria e catanese doc., a QdS.it spiega con la lucidità spietata del siciliano navigato le ragioni del gap infrastrutturale tra Nord e Sud del Paese. “Quando c’è un’attenzione forte da parte della politica connessa con l’azione tecnica i risultati arrivano. Ci sono state mille avventure sulla Catania-Siracusa-Gela. La Siracusa-Gela era nata prima della Catania-Siracusa. Il governo regionale ha avuto una grande capacità nel seguire e continuare a seguire i lavori e ciò dimostra che quando le cose si vogliono fare si fanno; è pero assente la grande strategia. C’è una carenza di presenza politica isolana nel dibattito nazionale”.
Quanto al Ponte sullo Stretto, Russo non ha dubbi: “Dal punto di vista trasportistico e quindi dal punto di vista dell’attraversamento stabile, è un’opera assolutamente necessaria. Credo che oggi nessuno possa avere dubbi sulla questione. Se noi il Ponte lo dobbiamo fare come se fosse la Tour Eiffel italiana (cioè una bellissima costruzione senza utilità pratica pensando al limite ai ristoranti e alla fama di qualche politico) si può discutere sul farlo o meno e personalmente sarei contrario a realizzarlo. L’attraversamento stabile, invece, lo ripeto, è assolutamente necessario”.
Il docente, sempre a QdS.it fornisce anche numeri e riflessioni: “Tutti i conti fatti in Italia e all’estero ci dicono che se la Sicilia venisse raccordata con Roma in 3 ore e mezza da Catania e 4 e mezza da Palermo con un’alta velocità vera avremmo un incremento differenziale del Pil nelle aree interessate dall’alta velocità rispetto che coi treni ’normali’ di circa l’1% annuo. Si consideri che in Sicilia mediamente negli anni tale incremento di Pil è stato sotto l’1%. Se facessimo un’alta velocità vera dunque in Sicilia andremo a raddoppiare l’incremento del Pil. Non ci può essere altro intervento capace di modificare in maniera così incisiva il Pil, nemmeno se una casa automobilistica realizzasse tre stabilimenti sull’Isola. Bisogna dare al mercato la possibilità di muoversi tra Roma e Catania entro le 3 ore e mezza; si chiama globalizzazione”.
I problemi però all’interno dell’Isola sempre in ambito ferrovie non finiscono qui, spiega Russo: “Noi docenti di trasporti e strade di Sicilia e Calabria abbiamo più volte sottolineato un semplice ragionamento: tra Catania e Palermo ci sono 200 Km e con la così chiamata alta velocità si impiegano due ore di tragitto, quindi vuol dire che il treno viaggia a 100 km/h. Si tratta, dunque, di una linea convenzionale (ottima, ma convenzionale) e non ad alta velocità. Il resto del Paese viaggia a quote totalmente diverse; si pensi che in Veneto e Lombardia si iniziano a testare treni hyperloop che viaggiano a 1000 Km/h. Al Nord l’alta velocità è completa e adesso stanno facendo il raddoppio con la Milano-Bologna e la Milano-Verona che sono a circa 100 Km di distanza l’una dall’altra”. E così mentre al Nord le infrastrutture corrono spedite (Tav, Ponte di Genova, autostrade) in Sicilia si va a passo di lumaca passando dal Ponte sullo Stretto, che deve ricominciare nuovi studi di fattibilità, fino al raddoppio ferroviario e alla Ragusa-Catania.
Quanto allo stato dei porti siciliani, infine Russo spiega: “Ci sono barcate di spese investite nel porto di Genova e noi abbiamo il più grande porto naturale del Mediterraneo che è Augusta dove si fanno solo una serie di piccoli interventi da 15 milioni e non si fa l’intervento vero: l’operazione bonifica togliendo il mercurio che sta nei fondali. In Tunisia si sta lavorando per realizzare un grande porto intercettando i traffici. A noi manca un’apertura strategica”.