Tema che sembra secondario ma che invero è decisivo in questo scorcio di legislatura, è quello della la riforma della legge elettorale in senso proporzionale. Questa tiene banco, seppur in sordina, fra le forze politiche: tutti ne sussurrano ma pochi si espongono, eppure si nota una certa timida convergenza di molte forze politiche verso un simile esito. A parte, ovviamente, Giorgia Meloni fieramente contraria (tanto per cambiare!), nessuno esclude esplicitamente la riforma proporzionalistica con soglia di sbarramento. Anche la Lega, già in fermento da tempo sui cali vertiginosi di consenso e leadership, conta al proprio interno una discreta fronda assai sensibile alle sirene proporzionalistiche.
Nelle settimane passate, un tentativo di abboccamento – soprattutto da parte dell’area nordista del Carroccio – c’era stato direttamente con il PD di Enrico Letta. Non aveva prodotto alcun risultato, ma aveva segnato un canale di comunicazione che potrebbe riaccendersi nemmeno troppo silenziosamente. D’altra parte, con questa legge elettorale e con questo bipolarismo muscolare morente se non proprio morto, la Lega si troverebbe a dover fare da spalla a Giorgia Meloni, la quale, forte dei sondaggi, avoca a sé il ruolo di forza trainante della coalizione. E, visti i risultati per adesso sconfortanti, di questa self-promotion meloniana, c’è quasi da solidarizzare (si fa per dire!) con il Carroccio.
Per ridurre al minimo il rischio di far da comprimari in una coalizione inesistente, dalle parti di via Bellerio, c’è chi guarda alla riforma della legge elettorale come grimaldello per sciogliere l’amaro giogo. Tentazione più dell’anima governista della Lega piuttosto che di quella guerrigliera, ma visto il riassetto interno al partito, chissà che la prima non la possa spuntare. Al contempo, però, il timore è quello di un accordo sotterraneo tra PD e FDI per mantenere in vita (sic!) il sistema bipolare così da spartirsi agevolmente le aree politiche di riferimento. Letta, da canto suo, nicchia (strano eh!?), lasciando però intendere una apertura al ritorno delle preferenze che garantirebbe secondo alcuni osservatori, un più agevole transito verso il proporzionale, senza contare che ciò sarebbe anche un discreto puntello per il Governo di fronte alle tentazioni massimaliste, in particolare, del Movimento Cinque Stelle. Fra parentesi, oggi l’Esecutivo Draghi si gioca la permanenza in vita con il colloquio tra il premier e Conte.
Insomma, tanta confusione sotto il cielo di luglio e indubbiamente la questione legge elettorale potrebbe avere un suo peso anche nel ridefinire equilibri interni alla maggioranza e agli stessi partiti che la compongono. C’è chi ritiene che un placet di Salvini alla modifica potrebbe aiutarlo anche nella guerra interna che sta combattendo contro i suoi, con i quali peraltro, oggi terrà un vertice per aprire una fase di gestione collegiale del partito al fine di evitare l’annunciato regicidio. Chissà che davvero il Kapitano non si possa anche parlare di proporzionale in funzione di “autosalvaguardia”. Insomma, la sensazione è che, sebbene nessuno abbia il coraggio di esporsi pubblicamente, il proporzionale (con soglia di sbarramento al 5%) piaccia a quasi tutti. Vedremo che azioni concrete ne conseguiranno!
Quel che senz’altro si può dire è che, al netto degli interessi di parte e di partito, il sistema elettorale proporzionale con soglia oggi risulta essere quello maggiormente in linea non solo con la frastagliata geografia politica ma anche con l’interesse del Paese. Di fronte alla morte del bipolarismo, serve, infatti, una legge elettorale che aggreghi in modo rappresentativo e stabile sensibilità affini e interessate a portare avanti l’Agenda Draghi mettendo il Paese in sicurezza rispetto ai pericoli di populismo rappresentati dalle ali estreme.