“Non è una guerra, è una barbarie. Il paragone con la Shoah è sbagliato, ma i massacri di Bucha mi feriscono nel profondo. La notte non dormo. E mi fa male il negazionismo che è diventata una malattia universale”. Edith Bruck, 90 anni, scrittrice e poetessa ungherese naturalizzata italiana, è stata testimone dell’Olocausto, da cui è sopravvissuta. E non pensava di dover di nuovo vedere le immagini di un genocidio come quello perpetrato dai russi in Ucraina.
“Tutte le guerre ci riguardano, anche quelle lontane. Ma questa ci tocca da vicino, come mai era avvenuto dal 1945 – spiega la donna, che insieme alla sua badante ucraina Olga, la cui famiglia è a Leopoli, piange davanti alla tv -. Una ferocia inaudita che paralizza la mente. Eppure il negazionismo è ormai una patologia diffusa. Hanno negato Auschwitz, che è l’accadimento storico più documentato, vuoi che non neghino i massacri dei civili in Ucraina? Resto sbalordita. E provo disgusto per il giornalista russo che nel salotto televisivo attribuisce al nemico la colpa degli eccidi. Ma come si può sospettare che i soldati ucraini abbiano potuto torturare i propri figli, violentare le proprie donne, uccidere i propri vecchi? O che sia tutta una gigantesca montatura? Non esiste più una verità oggettiva e quindi ciascuno è libero di dire ciò che vuole”.
La scrittrice fa poi fatica a comprendere la posizione equidistante dell’Anpi, che così facendo di fatto rischia di apparire filo russa. “Ma c’è bisogno d’una commissione d’inchiesta per capire di chi sia la responsabilità? Basta guardare le immagini: parlano da sole. Francamente non capisco tutta questa cautela. La giudico un po’ inquietante – attacca -. Cosa si aspettano? Una verità così manifesta non può essere rovesciata”.
Ma anche le parole di Zelensky non convincono la scrittrice. “Insiste nel paragonare la tragedia ucraina alla Shoah con un’analogia indecente – afferma -. Ho sentito accostare i fatti di questi giorni alla tragedia di Babij Jar: ‘una gran quantità’ di ebrei gettati in un fossato vicino a Kiev per mano dei nazisti e dei collaborazionisti ucraini. Tra quei 33.700 ebrei c’era anche la sorella di mia mamma. E ricordo ancora i suoi pianti in cucina, le mani sui capelli, quando seppe la notizia. Mi tocca vedere cose che ho già visto. Anche se io le ho vissute dall’interno della guerra. Io ad Auschwitz dormivo con i morti accanto, oggi osservo la tragedia da casa mia. Ma è proprio per quel mio vissuto che mi identifico con le vittime. Sento l’orrore sulla mia pelle, la morte che arriva improvvisa, i corpi violati e torturati”..
Eppure Edith Bruck non paragona i soldati di Putin ai nazisti. “Quello di Hitler è stato un massacro lucido, disciplinato, programmato a tavolino. Oggi in Ucraina prevale la violenza selvaggia e indistinta – conclude -. Una volta un soldato nel campo mi chiese se mia mamma era grassa. ‘Un pochino’ risposi. Lui mi sorrise: ‘sicuramente ne abbiamo fatto un buon sapone’ disse. L’odio dei russi è cieco, ottuso, belluino. Quello nazista più scientifico, e forse per questo ancora più grave. Ma si può misurare l’odio? È scandaloso questo mondo. Spero solo che i ragazzi davanti alla mostruosità capiscano il valore della vita”.