Sulle spese militari, ennesima giravolta di Giorgia Meloni che come spesso gli accade smentisce se stessa. Una strana destra, quella di Fratelli d’Italia (FdI), che all’epoca del governo Draghi sosteneva, dall’opposizione, l’obiettivo di raggiungere il 2 percento del PIL fissato dalla NATO, e che oggi invece lo rinnega.
Allora fu Ignazio La Russa, oggi seconda carica dello Stato, a spiegare la posizione del partito di Meloni sulla necessità di adeguare le spese militari, dichiarando: “In che posizione vogliamo stare all’interno della NATO: di parità o di subordinazione agli USA? Basta con gli pseudo pacifismi”.
Ma la Giorgia di governo non è più quella dell’opposizione, e anche in questo 4 novembre, con la destra “pura e dura” alla guida del paese, come ha ben evidenziato Carlo Calenda questa mattina, le nostre forze militari rimangono ‘disarmate.’
Nei piani del governo Meloni, infatti, l’obiettivo di raggiungere il 2 percento del PIL fissato dalla NATO – oggetto di un acceso dibattito politico negli scorsi mesi – viene rinviato al 2028, che appare molto lontano. Infatti, le previsioni per il 2024 e il 2025 vedono addirittura in calo questo rapporto, che scenderà all’1,26 percento del PIL.
Il ministro Crosetto ha appena pubblicato il Documento di Programmazione Pluriennale della Difesa, un libro mastro di 264 pagine con le indicazioni strategiche e tutti gli investimenti necessari per quella che però rimarrà “un’armata dei desideri”.
La lista della spesa, infatti, è molto più lunga, ma non ci sono abbastanza quattrini, neppure spezzettando e frazionando, costringendo il ministro ad inventarsi una “supercazzola” facendo mettere nero su bianco che i necessari interventi finanziari “saranno prioritariamente ricercati attraverso strumenti di futura istituzione”. Quali?
Ed allora ancora una volta ha colto nel segno Calenda dichiarando che , “oggi tutti i politici si affretteranno a fare gli auguri alle nostre Forze Armate con un rituale essenzialmente retorico, perché poco ci occupiamo di loro e poco ci interessiamo alla loro sorte”.
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E tutto ciò nonostante il quadro internazionale sia sotto gli occhi di tutti gli italiani, un panorama che il nostro Capo di Stato Maggiore, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, non ha esitato a descriverr così: “La Penisola e la nostra area di interesse nazionale sono circondate da situazioni molto preoccupanti. Non c’è solo la Russia, con la lunga guerra in Ucraina e le iniziative ostili in Africa e nei Balcani: bisogna fare i conti anche con la Cina, che in termini di postura e di proiezione di influenza nell’intera regione del Mediterraneo allargato, persegue una linea di affermazione egemonica”. E c’è poi la grande faglia di instabilità che, tra Africa e Medio Oriente, sta facendo proliferare le formazioni jihadiste.
Dobbiamo dunque fare i conti con la realtà di un Paese come il nostro, che ha risorse limitate per permettersi ambizioni di potenza, ma di fronte a tali avvenimenti con forze militari stremate da decenni di investimenti minimi, saremo almeno in grado di difenderci o, come sempre, dovranno pensarci “gli odiati” americani?
Per rispondere a tale domanda di nuovo siamo costretti a citare Ignazio La Russa, quando dall’opposizione vice presidente del Senato , d’accordo con Mario Draghi, affermava: “Dobbiamo decidere, in un momento del genere, se le spese militari sono necessarie o voluttuarie. Dobbiamo dirlo chiaramente: se si pensa che siano necessarie per la difesa della nostra libertà, della nostra indipendenza e dei nostri valori, visto che anche paesi neutrali come la Svizzera parlano di aumentarle e che noi abbiamo preso impegni in sede NATO in quella direzione, finora non rispettati. La questione”, continuava La Russa, “ha a che fare anche con la posizione che vogliamo avere all’interno della NATO a trazione statunitense: di parità o di subordinazione? E insomma, io credo si debba sottolineare che vogliamo una posizione di parità. L’aumento delle spese militari va in questa direzione.”
Chapeu !
Ma chissà cosa ne pensa il buon Ignazio oggi, promosso alla seconda carica dello stato , probabilmente anche lui, come Giorgia Meloni, ha già cambiato idea.
Non si tratta, e lo diciamo da Destra, quella Buona, di essere guerrafondai, ma piuttosto di essere seri e realisti: gli accordi internazionali si rispettano, tanto più durante le guerre, una in Europa ed una alle porte, ne va della nostra sicurezza, come ricordava Mario Draghi.