È un reportage quello di Fabio Tonacci su «La Repubblica» che la dice lunga sui metodi di Vladimir Putin, sul conflitto in corso. Nella Melitopol occupata dai russi le scuole hanno riaperto, ma dal programma didattico sono sparite la Storia e la Letteratura ucraina. “Non vogliono che i nostri ragazzi conoscano come è nata l’Ucraina e chi sono i poeti che ci hanno donato la lingua”, la denuncia di Angelina Kovalenko, la preside dell’Istituto superiore numero 4. Il motivo è chiaro come il sole: “Più sono ignoranti più sarà facile controllarli”.
La signora Kovalenko ha 58 anni, per 30 anni ha insegnato Fisica e negli ultimi 15 è stata preside della più grande scuola pubblica di Melitopol. “Sono tuttora in carica, anche se sono a Kiev e al mio posto hanno messo un insegnante collaborazionista”, ha spiegato la donna al giornalista. L’anno scolastico era stato dichiarato chiuso il 2 maggio, ma l’amministrazione civile-militare a metà mese ha deciso di riaprire le scuole. “Permettono che sia terminato il nostro programma didattico, però senza Storia dell’Ucraina, Storia generale e Letteratura. Nel mio istituto vanno appena 20 studenti, le lezioni si tengono in russo”, ha dichiarato la dirigente. La vicenda è stata confermata anche da una docente, che ha scelto di non rivelare la sua identità: “All’ingresso hanno piazzato delle guardie cosacche. Solo tre presidi sui 21 di prima sono rimasti in città. Gli occupanti hanno avuto difficoltà a trovare i sostituiti, così ci sono scuole che hanno un poliziotto come dirigente e altre dove il prof di educazione fisica insegna matematica e lingue”.
La linea è dura, durissima. Avete capito qual è il metodo Putin? “A metà marzo due uomini col fucile si sono presentati nel mio ufficio. Mi hanno detto che Melitopol non era più una città ucraina e che dovevamo cambiare il programma didattico. Ero basita. Dopo poco hanno rapito la direttrice del dipartimento dell’Educazione di Zaporizhzhia, Irina Shcherbak. L’hanno portata in un garage e interrogata per ore. Si è rifiutata di collaborare, non abbiamo più notizie di lei”, ha detto la Kovalenko. Tolta di mezzo Shcherbak, la nuova direttrice del dipartimento aveva indetto per il 31 marzo una riunione. Quasi tutti però, presidi e prof, hanno firmato le dimissioni.
Quella stessa notte un gruppo di soldati ha buttato giù la porta della preside Kovalenko. “Me l’aspettavo, stavano rastrellando i docenti dissidenti. Eravamo in quattro, ci hanno rinchiuso per due giorni nel garage dell’ospedale. C’era una sola sedia. Ci hanno dato due bustine di te, un bollitore e dei biscotti scaduti. Nella stanza accanto qualcuno veniva pestato, sentivamo le urla di dolore di quel poveraccio. Non ci hanno torturato, ci accusavano però di sabotare il nuovo sistema educativo. Il 2 aprile ci hanno bendato, ci hanno fatto salire su una macchina e ci hanno lasciato in un campo di grano, di notte, senza telefoni e senza acqua, a 30 chilometri dalla città”, la testimonianza choc della preside, che ha trovato rifugio a Kiev.