“Tutti abbiamo dei desideri che preferiremmo non svelare ad altre persone e desideri che non ammettiamo nemmeno di fronte a noi stessi”, diceva Sigmund Freud. Così nel suo editoriale sul «Corriere della Sera» Antonio Polito si è divertito a prendere in giro i politici strizzando l’occhio agli slogan impiegati in questa surreale campagna elettorale dai leader. “Nel traffico, mentre si guida, ci si confonde. Ti passano davanti gli slogan dei partiti, effigiati sugli autobus di linea insieme con i faccioni dei leader. E non fai in tempo a leggere ‘Basta discriminazioni’ che spunta ‘Stop sbarchi’, e devi fare un attimo mente locale per capire che sulla fiancata era Letta, mentre Salvini è sulla coda. Poi passa ‘Quota 41’, e già sei lì a domandarti perché i leghisti sono scesi così tanto da ‘Quota 100’, magari son diventati almeno numericamente più moderati; ma mentre ci ragioni già sfila un ‘Sul serio’, senza punto interrogativo, che di sicuro non si riferisce a Quota 41 perché è di Calenda”, l’esordio del giornalista, che scatenato prosegue nella sua analisi.
“La verità è che gli slogan scelti dai partiti sono una specie di seduta di psicoanalisi. Rivelano freudianamente i sensi di colpa dei loro leader: ognuno vanta la qualità che più teme non gli sia riconosciuta dagli italiani”, rimarca Polito, che tira fuori degli esempi. “Salvini dice ‘Credo’, e sicuramente lui crede, nel Signore e nelle sue idee, ma forse dubita che gli elettori credano ancora in lui, dopo il Papeete e il viaggio a Mosca prepagato”, evidenzia l’editorialista. Ma ne ha avuto anche per Letta, che rivolgendosi agli elettori ha usato la formula ‘Scegli’: “Lo intima quasi agli italiani, ma non è che lui e il suo partito brillino per capacità di scelta, se si considera che stavano con Conte, andarono con Calenda, e ne furono lasciati per Fratoianni”. Il commento più duro forse Polito lo ha riservato alla leader di FdI: “Giorgia Meloni, ovviamente, non poteva che dire ‘Pronti’. Perché se c’è un punto debole che può far dubitare molti elettori sta proprio nel fatto che non è chiaro se il suo partito, da sempre all’opposizione, con la fiamma tricolore ancora nel simbolo, e fino a ieri sovranista e nazionalista, sia pronto a governare un Paese fondatore dell’Europa, le cui sorti ne dipendono direttamente. Dunque, ‘pronti’. Per farsi e fare coraggio”.
“Poi c’è ‘Dalla parte giusta’ di Conte, e qui la prima domanda che viene spontanea è: la parte del Conte I con Salvini o la parte del Conte II con Zingaretti?”, scrive Polito. Poi la chiosa ironica sul Cavaliere: “L’unico che si è sottratto alla seduta psicoanalitica è Berlusconi: dopo otto campagne elettorali e molto altro, ha esaurito i sensi di colpa”.