Alla fine l’ondata nazionalista sovranista che tutto doveva travolgere il Francia, non c’è stata. Al primo turno delle elezioni presidenziali, dove si è fatto registrare circa il 25% di astensione, Marine Le Pen con il suo Rassemblement National non va oltre un 23,4% rischiando di farsi superare dalla sinistra estrema che con un onorevole 21,9% ha per un istante assaporato l’odore di ballottaggio. Bene anche il presidente uscente Emmanuel Macron che con il suo France En Marche ha superato di ben 4% i risultati ottenuti nel 2017 e si è attestato al 27,6%. Di molto distaccati gli altri candidati e partiti, fra cui la destra (ancora più) estrema di Zemmour (7,05%), la destra gollista moderata di Valerie Pecresse (4,7%) e, completamente disastroso il PSF che con la candidata Hidalgo arriva solo al 2%.
I dati che emergono dalle elezioni di ieri consegnano una Francia sostanzialmente divisa in 3 aree di riferimento (sovranista-nazionalista, liberal-popolare, radicale di sinistra), ma che al secondo turno dovrà necessariamente scegliere tra un paese a trazione moderata, riformista ed europeista di cui Macron è l’alfiere, e una visione antieuropea, chiusa in se stessa, fortemente identitaria e xenofoba, incarnata da Marine Le Pen (peraltro, sostenuta da Vladimir Putin, i cui tabloid la davano già vincitrice al primo turno con una palese fake news).
Non vi è dubbio che Marine Le Pen al ballottaggio potrà contare sul sostegno degli estremisti di Zemmour, il quale, spostando ancora più a destra il baricentro del conservatorismo francese, ha tentato di accreditare una presunta svolta moderata del l’ex Front National, che però, è un bluff, poichè Marine Le Pen è la stessa estremista di sempre. E un bluff, a ben vedere, è stata anche la campagna elettorale della leader nazionalista, tutta incentrata sul vellicare le emozioni negative profonde dei francesi contro nemici esterni (l’Europa) e interni (immigrati); ma, come nella “migliore tradizione” sovranista, senza offrire soluzioni concrete e realistiche in grado di affrontare il mondo moderno con la sua complessità. Ma soprattutto è proprio Marine Le Pen a essere un gigantesco bluff perché nonostante tutto il suo nazionalismo di facciata e la sua propaganda ha seriamente rischiato il flop e di arrivare terza, superata dall’estrema sinistra, il cui elettorato sarà il vero e proprio ago della bilancia al ballottaggio.
Che faranno ora gli elettori di sinistra? Mentre il consenso (risibile, invero) del PSF dovrebbe tranquillamente tradursi nel voto per il presidente uscente, maggiore preoccupazione destano le prospettive degli elettori “de la Gauche” che potrebbero convergere a sorpresa proprio sulla Le Pen, proprio perché imbevuti di quello stesso populismo artatamente alimentato nel tempo anche da quel Vladimir Putin verso cui, non a caso, vanno tanto le simpatie del Rassemblement National quanto quelle del partito di Melenchon. E’ vero che il leader del Parti de Gauche ha espressamente affermato che non un (suo) voto dovrà andare alla Le Pen, ma siamo sicuri che gli elettori seguiranno l’indicazione? La palla adesso è in mano a Emmanuel Macron che dovrà convincere la sinistra ad appoggiarlo e magari recuperare quella fetta di elettorato che si è astenuto al primo turno.
Come potrà farlo? Intanto, insistendo sulla propria visione di Europa, aperta, democratica e liberale in opposizione all’antieuropeismo della Le Pen (la stessa aveva dichiarato che in caso di vittoria, non avrebbe esposto all’Eliseo la bandiera europea ma solo quella francese). Su questo tema, a differenza degli italiani maggiormente scettici, i francesi sono molto più sensibili. Ma, soprattutto, dovrà rendere più esplicite le intenzioni in materia di politica sociale coniugando il doveroso riformismo con l’attenzione alle condizioni dei ceti sociali più bisognosi. Insomma, dovrà fare il Macron “socialista”, a dimostrazione ancora una volta che quando la destra è ostaggio dei sovranisti, la sinistra ne trae giovamento anche quando viene sconfitta.