«Le scriviamo, con profonda preoccupazione, per informarla che ormai l’operatività della commissione Affari Esteri è decisamente compromessa», si legge così nella lettera dei senatori in commissione Esteri alla presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati, sull’affaire Petrocelli. Una vicenda su cui il M5s sul serio si sta giocando la propria credibilità: e la strada è tutta in salita. Il senatore grillino con simpatie filo-russe e filo-cinesi non si è “accontentato” di aver dato del guerrafondaio al premier Mario Draghi, invitando il suo partito a ritirare i ministri dal governo, alla vigilia del 25 aprile, si è preso beffa della Resistenza, augurando su twitter “Buona LiberaZione” con la Z putiniana, simbolo dell’esercito d’invasione russo. Un caso a dir poco imbarazzante. Si è oltrepassato il segno; provocazioni le sue al di là di ogni limite.
“Petrocelli è fuori dal M5S senza se e senza ma. Per quanto riguarda la sua permanenza in Commissione noi siamo per la sua decadenza. Purtroppo non ci sono strumenti, perché anche se espulso da un gruppo avrebbe diritto, secondo i regolamenti, a rimanere presidente della Commissione. Faremo in modo, con altre iniziative indirette, di farlo decadere”. Così ha ribadito Giuseppe Conte, nel corso di un punto stampa a margine di un convegno organizzato dalla Uil all’Hotel Palatino, consapevole dell’aria che tira fuori e dentro il MoVimento. Una via possibile sarebbe in realtà quella delle dimissioni in massa dei membri della commissione Esteri nelle mani di Maria Elisabetta Casellati, la quale potrebbe così valutarne lo scioglimento.
Non è detto però che sia una via percorribile, benché non ci sia una sola forza politica contraria alla destituzione di Petrocelli. In passato ci sarebbe un solo caso analogo: 14 anni fa Riccardo Villari, eletto a capo della Vigilanza Rai grazie ad un blitz del centrodestra, fu subito espulso dal Pd, con abbandono poi di tutti i commissari. Allora i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, non poterono far altro che decretarne la fine con la motivazione di “paralisi oggettiva e irreversibile”. A quel tempo però, come si legge su «Repubblica» si trattava di “una Bicamerale che poteva essere sciolta, mentre le commissioni permanenti come la Esteri non possono. A meno di forzare la mano per cambiare una prassi che rende di fatto inamovibili i presidenti come Petrocelli”.
Dunque? Che fare? L’impressione è che il M5s preferisca completare le procedure di espulsione evocate da Conte, così che a doversene occupare sia poi la presidente del gruppo Misto Loredana De Petris, come fa notare sempre «Repubblica». Se Petrocelli finisse sotto la sua giurisdizione, toccherebbe all’esponente di Leu decidere. In sostanza: strada impervia e coraggio che manca (al M5s).