“Forse alla fine di
questa triste storia qualcuno troverà il coraggio per affrontare i sensi di
colpa e cancellarli da questo viaggio…”. Prendo in prestito da Vasco Rossi le
parole di una nota canzone per dire molto chiaramente che l’Italia ha oggi più
che mai bisogno della buona destra. Una buona destra del coraggio che si
candidi ad essere il riferimento politico di un universo smarrito, disorientato
e disgustato dai rutti estremisti e dal populismo vuoto. Un universo che senza
paura ha bisogno di ritrovare il senso del proprio viaggio.
Un viaggio che è poi in fondo un ritorno alle radici di una destra diversa, di cuore e di testa, animata dalla forza pragmatica della ragione e guidata dalla stella polare dei suoi miti più autentici. Tolkien, Ende, il Cavaliere di Dürer, il mito evoliano dei nobili cavalieri capaci di perdere la vita pur di aiutare il più debole. Questa è la tradizione della destra migliore, ma tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri: la neonata buona destra, che si presenterà al mondo il 15 marzo al Salone Margherita a Roma, è una destra che vuole avere il coraggio di resettare la storia d’Italia senza ricominciare con un loop tragicomico di eterna guerra civile senza senso e senza obiettivo. Che ormai non serve a nessuno e che alimentano solo odio, paura, rabbia e chiusura. Cancrena intellettuale, decomposizione culturale. Estremismo di destra e guerra sono sinonimi. Guerra civile, guerra mondiale. Guerra economica e guerra militare. Per questo serve un’altra destra. Una buona destra, laica, pacata, patriottica, europea. Una destra che non voglia per forza costruire muri ma che utilizzi mille altri strumenti della politica per cambiare il mondo. E cambiarlo in meglio.
La buona destra vuole
essere un obiettivo di rinascita. Con la proposta di meno spesa corrente, di maggiori
investimenti da parte di uno Stato innovatore, della forza salvifica della decisione
politica. La buona destra è capacità di governare il presente per disegnare il
futuro. E’ rinuncia ad ogni semplificazione della realtà che non sia quella
burocratica, perché buona destra significa meno burocrazia e processi più
snelli di gestione. La buona destra è esaltazione della decisione in politica
senza la schiavitù dell’umore istantaneo dell’uomo comune. E’ autonomia
decisionale che si opponga ad una politica pavida che non sa più assumersi le
proprie responsabilità. E’ la destra delle élite, contro la rincorsa ad ogni
costo a soddisfare gli umori del momento dell’opinione pubblica, con lo scopo
di trovare soluzioni a basso costo da trasformare con un po’ di maquillage in
proposte sindacalizzate.
La buona destra è il
ripudio della burocrazia che blocca il vivere civile in un eterno presente senza
prospettive. E’ costruire palazzi, fondare città, avere visione futura. La
politica non può ridursi a mera amministrazione lassista, perché altrimenti
perde il valore creativo che dovrebbe portare in dote.
La buona destra è la
voce di un’Italia che sogna autostrade e non muri, che vuole diritti e opportunità
di partenza uguali per tutti, ma concepisce il merito come unico metro di
giudizio per conquistarsi un posto al sole tra i migliori della società. Una buona destra orgogliosa di rivendicare
la propria distanza da una politica fatta di odio e propaganda, di rabbia
dispensata a piene mani in cambio di voti facili, senza reali proposte. La
buona destra è un popolo che ha deciso di battersi per opporsi alla cultura
dell’estremismo.