L’ironia, va detto, non gli manca. Ed anche il coraggio di affrontare temi difficili, in modo bipartisan, come quelli legati alle vittime del terrorismo e degli anni di piombo – da Sergio Ramelli a Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, fino al commissario Luigi Calabresi – o di citare, da uomo di destra, le parole di un presidente partigiano socialista come Sandro Pertini (“Nella vita è necessario saper lottare non solo senza paura ma anche senza speranza”). Il primo lungo discorso del nuovo presidente del Senato Ignazio La Russa, ex missino ed esponente di spicco di Fratelli d’Italia, è un discorso da esponente di una coalizione divisa. Perché la sua elezione è avvenuta grazia al supporto di 19 franchi tiratori dell’opposizione che hanno supplito al mancato apporto degli azzurri di Berlusconi – il Cav ha messo in chiaro subito quanto travagliato sarà il Governo Meloni, se mai riuscirà davvero a partire -, piccato, incattivito e in clima di vendetta per il no della premier in pectore ad un posto nell’Esecutivo per la pupilla di Arcore Licia Ronzulli. Tra Berlusconi e La Russa è finita addirittura a stracci, con l’ottantaseienne senatore che ha spedito il presidente del Senato a fan…., sbattendo i pugni sui banchi di Palazzo Madama.
La Russa ha, quindi, ringraziato tutti coloro che lo hanno votato e, soprattutto, quelli che non lo hanno fatto e “chi mi ha votato pur non essendo di centrodestra”. Un riconoscimento chiaro delle divisioni evidenti nel centrodestra. L’esponente di FdI è stato eletto, ma la fumata nella maggioranza che ha vinto le elezioni è nera. Nerissima. La nuova maggioranza parlamentare parte sotto una cattiva stella, anzi non parte proprio. Perché, ormai è ufficiale, Giorgia Meloni una maggioranza non ce l’ha.