Se ne va un vero liberale, Antonio Martino. Un uomo coraggioso che fino all’ultimo ha detto quello che pensava sull’economia e la politica internazionale. Figlio di Gaetano, uno dei padri fondatori della Ue, economista e studioso, allievo del Nobel per l’Economia Milton Friedman, più volte ministro della Repubblica, Martino ha sempre unito la conoscenza profonda dell’economia di mercato a una visione del mondo fondata sul bene supremo delle democrazie occidentali, la libertà. Una perdita enorme per la politica e la cultura italiana.
Della politica diceva: “ciò che manca non è l’onestà, ci sono politici onesti. Non è la competenza, ci sono politici competenti. È il coraggio. Il guaio della politica è che sono un mazzo di vigliacchi”.
Ha definito “disastroso” il ritiro americano dall’Afghanistan, spiegando che “è imputabile a Barack Obama e a Biden. Il primo è stato il peggior presidente della storia americana. Nel caso che ci interessa ha commesso due errori in un colpo solo: ha annunciato il ritiro e poi l’ha iniziato, dando poi ai talebani il tempo per riorganizzarsi e rafforzarsi. Il disastro è stato completato dal suo vice, che in un raro momento di sincerità ha dichiarato che la tragedia era da imputare a lui”.
Fiero avversario dello statalismo, considerava “l’eccesso di tassazione” come “la misura più iniqua, più antisociale, più reazionaria che si possa immaginare: impedendo a chi potrebbe crescere di farlo, congela la struttura dei redditi, rende durature se non permanenti le differenze fra chi ha molto e chi ha poco, taglia i gradini più bassi della scala dei redditi, lasciando a terra quanti potrebbero salire e migliorare la propria condizione”.
Martino fu tra i fondatori di Forza Italia. Ma se Forza Italia fosse stata come lui, l’Italia sarebbe un altro Paese.