E se anche Pechino ora prende le distanze dal Cremlino? Se ora anche la Cina torna a chiedere una soluzione diplomatica, di fatto sgambettando l’alleato e puntando sui negoziati per superare la crisi ucraina? Dopo la minaccia nucleare, ma anche dopo che la resistenza ucraina sta ricacciando indietro gli invasori, il Dragone guarda sempre con maggiore diffidenza alle mosse di Putin. Lo spiega a Repubblica Shi Yinhong, professore di Relazioni internazionali all’Università Renmin di Pechino, profondo conoscitore della politica estera cinese.
“Se il capo del Cremlino diventerà il perdente di questa guerra, non sarà un affare facilmente gestibile per la Cina – afferma -. A causa della nuova escalation bellica, della sua aggressione e volontà di annessione e della sua rinnovata minaccia di guerra nucleare, credo che la Cina non abbia altra scelta se non quella di stare un po’ più lontana da Putin in questo momento”. Non a caso il portavoce del Ministero degli Esteri cinese torna a parlare di “nostra posizione chiara e coerente sulla crisi ucraina” e di “una soluzione che tenga conto delle legittime preoccupazioni di tutte le parti in materia di sicurezza. Tutti i Paesi meritano il rispetto della loro sovranità e integrità territoriale”.
Non solo. Un editoriale del tabloid del regime, Global Times, chiarisce che “bisogna porre un freno d’emergenza alla situazione in Ucraina in un momento in cui le dimensioni della guerra sono ancora gestibili. In un conflitto militare tra potenze nucleari non ci saranno un vincitore o un vinto assoluti. Chiunque cerchi di sopraffare completamente la controparte deve essere pazzo”. Tuttavia i legami tra Xi e Putin sono ancora molto saldi: per Pechino il Cremlino resta il più solido alleato contro gli Stati Uniti. Ma l’escalation annunciata da Putin destabilizza il Dragone, che non intende sacrificare i propri interessi nazionali per le mire folli dello zar.