“Ereditiamo una situazione difficile: i ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare e siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata”. Giorgia Meloni rompe il semi silenzio post elettorale e lo fa con un attacco diretto a Mario Draghi, che è uno stizzito scaricabarile per mettere subito le mani avanti e assolvere se stessa e il suo futuro governo dagli obiettivi che la leader di FDI già sa che saranno quasi impossibili da realizzare con la sua maggioranza. Mettendo a forte rischio al tenuta del Paese.
Meloni in realtà non avrebbe gradito il cortese “no grazie” dell’economista Fabio Panetta alla proposta di rilevare il ministero dell’Economia nel suo esecutivo. E avrebbe attribuito anche tale freddezza nei suoi confronti ad una scarsa applicazione del Quirinale alla formazione del nuovo governo. Insomma, Meloni attacca nuora (Draghi) affinché suocera (Mattarella) intenda: con gli alleati in rivolta e le istituzioni che la snobbano, Giorgia si sentirebbe sola e accerchiata. E rischia di trasformare il passaggio di consegne in un momento non certo fluido, con altri tecnici draghiani – Siniscalco e Cingolani in primis – che dopo Panetta potrebbero risponderle picche.
Ed ecco le radici dello scaricabarile: Meloni mette avanti le mani e attacca già Draghi anticipando quanto il suo governo non sarà in grado di fare. A cominciare da una modifica, annunciata e sbandierata ai quattro venti in campagna elettorale, al PNRR. Perché ora che “è finita la pacchia” (Meloni dixit), la leader di FDI scopre che sul gas ha bisogno dell’Europa e che per tenere a dritta la barra dell’Italia in questo periodo di tempesta serviranno più degli slogan elettorali da campagna elettorale, che le hanno attirato consenso ma che non valgono nulla una volta che si deve affrontare la contingenza reale del Paese.
A distanza la replica del premier uscente. “Non ci sono ritardi nell’attuazione del PNRR, se ce ne fossero, la Commissione europea non verserebbe i soldi – avverte Mario Draghi -. Per quanto riguarda il secondo semestre, l’attuazione procede più velocemente dei nostri cronoprogrammi originari. Le elezioni e l’imminente cambio di governo hanno richiesto uno sforzo supplementare, per fare in modo che il nuovo esecutivo, qualunque esso sia, possa ripartire da una posizione il più avanzata possibile. Ad oggi sono già stati conseguiti 21 dei 55 obiettivi e traguardi previsti per la fine dell’anno, e ci aspettiamo di raggiungerne 29 entro la fine del mese”.
“La Cabina di Regia di oggi serve a fare il punto sullo stato di attuazione del Piano, e a esaminare la seconda relazione al Parlamento – ha concluso -. Il Governo ha adottato tutte le misure necessarie a favorire una efficace attuazione del Piano. Ora spetta ovviamente al prossimo governo continuare il lavoro di attuazione, e sono certo che sarà svolto con la stessa forza ed efficacia”.
Parole dure quelle di Draghi, che mettono spalle al muro la Meloni, costretta a correggere il tiro. “Non mi pare che ci sia uno scontro con il premier sul Pnrr, però il governo scrive nella Nadef che entro la fine dell’anno noi spenderemo 21 miliardi dei 29,4 che avevamo, e quindi lo diciamo con spirito costruttivo per dire che dobbiamo fare ancora meglio” afferma dopo la replica di Draghi, che non intende venire accusato da Meloni di non aver portato a termine al meglio il suo ruolo.
Intanto Meloni fa sapere che il 20 e 21 ottobre non parteciperà al Consiglio europeo “perché il dossier è stato curato da altri e la riunione alla fine rischia di essere un fallimento”. Decisione che ha fatto infuriare Draghi, che si sarebbe lasciato andare a uno sfogo. “Ho fatto il possibile, le ho lasciato il lavoro fatto – avrebbe detto SuperMario -, ora tocca a lei”.
Per l’Italia mala tempora currunt.