Si chiama incapacità di riconoscere i propri errori di valutazione ed è una sindrome che affligge gli estremisti di destra di tutta Europa, Italia compresa, imbarazzati dal sangue che la loro icona Vladimir Putin sta facendo scorrere in Ucraina ma non al punto di dire “scusate, abbiamo sbagliato”. A onor del vero, l’unica che ha preso le distanze dallo zar invasore è stata Giorgia Meloni, ma neanche la leader di Fratelli d’Italia è riuscita a riconoscere (o a considerare tali) gli errori di un passato in cui si esultava alla rielezione dell’ex Kgb alla guida della Russia. Per lo meno, però, lei ci ha provato ed ha assunto da subito una posizione contraria alla guerra di Mosca.
Chi, invece, è inassolvibile, resta quel Matteo Salvini che nonostante le nefandezze compiute dal capo del Cremlino – e non da oggi – non è stato in grado di esprimere una condanna netta. E che ancora si trincera dietro quel laconico “ma Putin di oggi è diverso da quello di ieri”. Comprensibile la difficoltà di chi dovrebbe sconfessare anni e anni di esaltazione pura e patologica di Putin, ma a restare in silenzio non è che si cancellano i fischi per fischi persi fino ad oggi. Perché ci sono prole, quelle di Matteo Salvini, scolpite nella pietra, come ci ricorda oggi Il Foglio. Vale la pena riprenderle.
Marzo 2015, Matteo Salvini: “Io credo che la Russia sia molto più democratica di come è l’Unione europea così come è impostata. Che è una finta democrazia. Io farei a cambio. E porterei Putin nella metà dei Paesi europei che sono mal governati da presunti premier eletti che non sono eletti da nessuno ma sono telecomandati da qualcun altro”.
Ottobre 2016, Matteo Salvini: “C’è qualcuno in questo studio e in casa che ha paura di essere invaso dai russi stanotte? Io ridiscuterei anche la presenza dell’Italia nella Nato. Che senso ha? Possiamo arrivare anche all’uscita dalla Nato? E perché no?”.
Febbraio 2017, Matteo Salvini: “Ritengo che Putin sia uno dei migliori uomini di governo al mondo. Lo dico perché lo credo e non perché me lo suggerisce qualcuno: se avessimo Putin in Italia staremmo assolutamente meglio”.
Marzo 2017, Matteo Salvini: “L’arresto di Navalny è l’ennesima montatura mediatica. Meglio la Russia di Putin di questa Europa”.
Luglio 2018, Matteo Salvini: “Vado ad incontrare Putin. Uomini come lui, che fanno gli interessi dei propri cittadini, ce ne vorrebbero a decine in questo paese”.
Ottobre 2018, Matteo Salvini: “Io qua a Mosca mi sento a casa mia. In alcuni paesi europei no”.
Luglio 2019, Matteo Salvini: “Dico gratis che Putin in questo momento è uno degli uomini di governo migliori che ci siano sulla faccia della terra”.
Febbraio 2020, Matteo Salvini: “Putin è un uomo di governo stimato e stimabile”.
Basterebbe già questo per dare il conto di che livello di vergogna dovrebbero raggiungere Salvini e quelli come lui che hanno incensato per anni il capo di uno stato tolitario che reprime ogni opposizione e che invade senza motivo altri paesi, procurando la più grande crisi mondiali dal secondo dopoguerra. Ma c’è di più. E c’è di peggio: c’è il silenzio, ci sono i distinguo, i “sì però Putin…” delle groupies estremiste filo russe. Che condannano ma anche no, che solidarizzano con l’Ucraina ma anche no, che non si smarcano dal loro passato adoratore di un idolo sanguinario. E non se ne smarcano perché l’obiettivo di Putin e dei suoi sgherri era solo quello di disgregare la Nato e di imporre, in ogni modo, un modello di governo diverso. Autoritario e illiberale. Un’alternativa assolutista alla democrazia. Ma l’alternativa alle democrazie europee e atlantiche – imperfette, certo, ma comunque fondate sulla libertà dell’individuo e dell’autodeterminazione dei popoli – è l’autarchia delle bombe sugli ospedali dei colpi di mortaio sui civili in fuga.
Questo Salvini e i suoi sovranisti volevano anche per l’Italia e per l’Europa, è bene ricordarselo sempre.