Sì, no, forse, e poi di nuovo sì. I vertici della Rai ci pensano e poi ci ripensano: la giornalista e scrittrice palestinese naturalizzata italiana Rula Jebreal, dopo tante polemiche, alla fine sarà una delle due primedonne che affiancheranno il Amadeus in una delle cinque serate di Sanremo. Parlerà solo della condizione delle donne: un compromesso che sa comunque di limitazione al pluralismo e che non smorza le polemiche sorte in seguito alla decisione della Rai di non far intervenire la giornalista. Decisione che la stessa Jabreal aveva attribuito alle pressioni sovraniste di Matteo Salvini e per cui aveva ricevuto solidarietà bipartisan dal mondo politico.
Rula Jebreal ci sarà, insomma, ma non potrà superare il confine del politicamente corretto. Come dire: invitiamola pure, basta che non esca dal seminato. Ed ecco che allora bisognerebbe prendere ad esempio dalla cerimonia dei Golden Globe, dove molti di coloro che sono saliti sul palco non hanno perso l’occasione di esprimere liberamente il proprio pensiero su temi d’interesse per l’opinione pubblica. Ha aperto le danze il comico Ricky Gervais, invitato a condurre la serata, che in apertura ha sparato a zero su tutto e tutti. Joaquin Phoenix, invece, ha puntato il dito sui cambiamenti climatici mentre Patricia Arquette ha apertamente criticato Donald Trump e la sua politica aggressiva che “porta gli Stati Uniti sull’orlo di una guerra”.
In Italia, dove il dibattito politico è ridotto a una diatriba social sul se far partecipare o meno al festival della canzone nostrana una cantante ottantenne bollata come “sovranista” e una giornalista considerata “antisovranista”, la libertà di espressione è andata a farsi benedire, con il placet dei vertici del servizio televisivo pubblico. L’apoteosi della semplificazione. La fine del pluralismo.