Un’aggressione squadrista. Vigliacca, immotivata. Una delle pagine più vergognose nella storia di Israele. Immagini che mai avremmo voluto vedere.
Quanto accaduto a Gerusalemme durante i funerali di Shireen Abu Akleh, giornalista palestinese-americana di Al Jazeera, uccisa dai soldati israeliani in Cisgiordania durante uno scontro a fuoco due giorni fa nel campo profughi di Jenin, evoca i tempi di purghe, manganello e olio di ricino, il tutto aggravato dal fatto che l’episodio violento si sia verificato durante un rito religioso. La polizia israeliana ha infatti caricato, senza motivo alcuno e con inaudita violenza, prendendole a manganellate, le persone che stavano partecipando alle esequie fuori dalla chiesa dell’Annunciazione della Vergine a Gerusalemme, con l’intento di impedire che si formasse un corteo per portare il feretro in processione. Sotto i colpi dei manganelli israeliani sono finiti anche gli uomini, presi va anche a calcio dagli agenti, che stavano portando a spalla la bara di Shireen Abu Akleh, che ha rischiato di cadere a terra. Solo l’intervento di altri uomini a sostegno del feretro ha impedito la caduta.
Il video e le foto dell’aggressione hanno fatto il giro del mondo, sollevando unanime sdegno. Un comunicato diffuso dalla polizia israeliana di Gerusalemme, che ricorda tanto quelli della propaganda russa sull’Ucraina, parla di “centinaia di rivoltosi che hanno iniziato a turbare l’ordine pubblico anche prima dell’inizio del funerale”. Ma i video, anche quelli diffusi dalla polizia stessa, smentiscono questa presa di posizione.
La Casa Bianca ha definito “inquietante” quanto accaduto. La portavoce Jen Psaki ha espresso il “rammarico” dell’amministrazione Biden e ha definito le violenze “un’intrusione in una processione pacifica”. Più dura l’Europa. “L’Ue è sconvolta” denunciato l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell.