Nonostante la cavalcata delle valchirie sovraniste proceda spedita verso praterie di vittorie apparentemente ineluttabili, Matteo Salvini continua a far paura. Al Paese? Forse. Di sicuro ai suoi dirigenti e ai militanti che sappiamo andare oltre il culto della personalità. I vari Zaia, Fedriga e Giorgetti, i cosiddetti moderati, i cosiddetti seri, i cosiddetti filodraghiani, tremano al sol pensiero che sia il Capitano a fare le liste per il prossimo 25 settembre.
Infatti, mentre uno si aspetterebbe candidati di spessore, imprenditori, professionisti, intellettuali ecc., la realtà salvo-legaiola è ben diversa. Questo il cv richiesto dal Capitano per entrare in lista: il candidato deve possedere diverse “qualità”, tra cui essere no vax, no euro, rigorosamente filorusso, con discreto tasso di rozza obbedienza ed eloquio turpe. E magari deve anche saper ruttare.
E’ sempre stato così, intendiamoci. Le eccezioni erano poche, ma oggi la desolazione leghista emerge palese alla luce del sole. E questo spaventa la triade “cuor di leone” che politicamente val meno di zero per coraggio e lungimiranza. Oltre le lacrime di coccodrillo e la controstoria sulla caduta del Governo Draghi (tutta solo colpa di Conte), rigorosamente autoassolutoria per il Carroccio, Giorgetti Zaia e Fedriga non sanno andarsene e si trovano costretti a subire il redivivo Salvini che continua a brutalizzare il partito e la pazienza dei con idee demenziali (lista dei ministri prima del voto) e con i soliti slogan. Di fronte a ciò i tre, con un patetico ruggito del coniglio, minacciano – mai direttamente, per carità – Salvini di defenestrazione in caso di una Lega sotto il 10%. Ma uno scafato dirigente in incognito si affretta subito a precisare che la soglia viene sempre abbassata per non metter in difficoltà Matteo. Ormai i novelli Ferrer di manzoniana memoria (“si es culpable..”) sono vittime della sindrome di Stoccolma rispetto a un leader dal quale accettano tutto ma proprio tutto nel ricordo dei tempi che furono. Anche il calo di tesserati alla festa di Cervia va bene purché non si disturbi Matteo mentre infila in lista la creme de la creme padana. Un leader sempre più sganciato dalla base e dalla dirigenza del nord: la tegola della Lega nord per il simbolo e il congresso continuano a far da sfondo a questo B-movie politico che in qualsiasi paese normale sarebbe mera chiacchiera da bar. In Italia no. Grazie a Conte, Salvini e Berlusconi il film di serie B diventa colossal politico e piccoli ominicchi si candidano all’Oscar elettorale e a governare il Paese.
A vedere come si è ridotta la Lega, vien quasi da solidarizzare con il celodurismo del vecchio leone Umberto Bossi, il quale se avesse previsto qual fine avrebbe fatto la sua creatura, avrebbe fumato qualche sigaro in più e si sarebbe tenuto lontano dalla politica da operetta.