A prescindere da come andrà il voto del Parlamento italiano sull’invio di armi in Ucraina, la posizione dell’Italia nella crisi “resta chiarissima”. Ne è convinto Ian Bremmer, politologo della New York University e presidente di Eurasia Group, che ha rilasciato un’intervista a Francesco Bechis per «Formiche». “La visita di Draghi, Macron e Scholz a Kiev è stata una prova di compattezza. L’Italia ha confermato il sostegno all’entrata dell’Ucraina in Ue. Sono queste le cose che contano. (…) In quattro mesi l’Ue ha approvato sei pacchetti di sanzioni in coordinamento con Stati Uniti e Regno Unito, l’alleanza transatlantica sta reggendo bene”, ha aggiunto l’esperto.
La posizione del M5s sull’invio delle armi a Kiev e le titubanze della Lega potrebbero essere interpretate come un assist a Vladimir Putin? “È un rischio reale. Qualsiasi governo italiano succeda a Draghi sarà più debole. L’Italia rimarrà forte finché l’Europa sarà forte. E finora l’Europa ha tenuto la barra dritta: chi conosce il sistema delle sanzioni sa che se approvarle è difficile, annullarle e tornare indietro lo è molto di più”, ha spiegato Ian Bremmer. Ci aspettano mesi difficili, per l’Ucraina si apre una fase critica: “Ripetere il successo dei primi due mesi, con un’armata russa più grande e più determinata di prima, non sarà una passeggiata. Mosca sta conquistando territori in Donbass e continuerà a farlo se l’Occidente non fornirà armi in tempo e in quantità sufficienti. Restano però alcuni punti fermi: Zelensky e il suo governo rimangono al potere, nonostante i piani iniziali del Cremlino. Un governo forte, deciso a resistere e a proseguire il cammino dell’Ucraina verso l’Ue”, ha sottolineato il politologo. Quest’ultimo però non ha dubbi: il premier italiano Mario Draghi supererà il test di Palazzo Madama. Prevarranno le sue doti, la fermezza e concretezza dimostrate soprattutto in queste ultime settimane.
Bremmer non ha negato che in Europa come pure in America l’opinione pubblica comincia ad essere stufa di sentir parlare di guerra, invio delle armi e crisi energetica. Un senso di fiacchezza reso ancora più forte dal fatto che la gente viene da oltre due anni di pandemia: “La stanchezza si farà sentire perché il conto economico che la guerra consegna all’Occidente sarà sempre più salato. Ma si farà sentire anche per la Russia. Il decoupling energetico dell’Europa e dei Paesi G7 – gas, carbone, petrolio, nucleare – fa sì che Mosca conti molto meno per i governi e per le aziende europee. È un divorzio permanente”, ha concluso l’esperto.