Punto 1- la Buona Destra deve dire sempre la verità, perseguire l’onestà e rinunciare alle promesse che non si possono mantenere.
In una scena politica nazionale caratterizzata da “pifferai magici”, imbonitori da fiera e da politici che hanno fatto della bugia e della diffusione di notizie false un’abile attività quotidiana, assistiti da strutture costituite all’uopo, arricchita da corollari di insulti agli avversari, strumentalizzazioni sulle improbabili conseguenze delle (poche) decisioni assunte e interpretazioni di comodo e utilitaristiche di qualsiasi atto assunto da istituzioni considerate nemiche e pertanto meritevoli di denigrazione, affermare che un partito deve dire la verità e spiegare come davvero stanno le cose ai cittadini, è un altro atto assolutamente rivoluzionario.
Molto di più del grido grillino di “onestà, onestà”, che appunto si è rivelato sterile e vuoto di contenuti. Perché non ci può essere onestà senza competenza, e non si può dire la verità se non si comprende la portata vera delle decisioni assunte ad ogni livello istituzionale.
Ecco la differenza sostanziale della Buona Destra, rifuggire la logica di inseguire le richieste sempre più pressanti di assistenzialismo diffuso da parte della società civile e spiegare che non ci può essere alcun futuro se la politica non ha una strategia di sviluppo e non riesce a fare produrre l’economia dello stato, proprio per poi potere legittimamente distribuire le giuste risorse di assistenza a chi ne ha veramente bisogno.
Dire la verità è la più forte delle decisioni politiche, ma per poterlo fare occorre possedere il senso dello stato e delle istituzioni ed una visione di reale portata dei problemi di un Paese e della strategia di come poterli risolvere. Rispetto all’attuale vuoto politico, emerge un altro fondamentale aspetto della diversità e conseguente chiara alternativa della Buona Destra. Anche per questo è complicato trovare alleati e per farlo il Manifesto è la cartina di tornasole per poterne sondare le eventuali compatibilità.