“Maturità e coesione”. Qualità che sembrano appartenere al premier Mario Draghi e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma non alla maggior parte dei partiti politici e dei loro leader. I quali, distratti forse dalla loro pochezza contenutistica, non si sono ancora resi conto di cosa stiamo attraversando: la faticosa uscita da due anni di pandemia, la guerra in Ucraina con tutto ciò che ne consegue, la necessità di attuare le riforme, spesso bloccate da veti incrociati, richieste da quell’Europa che ora chiede il conto dei finanziamenti arrivati in Italia.
Salvini e Conte, soprattutto, a capo di formazioni che oltre al populismo hanno poco di concreto da dire, sono i due più fulgidi esempi della puerile mancanza di responsabilità che affligge la politica italiana, purtroppo non espressione di una classe dirigente credibile. Una classe dirigente seria, che non si serva della demagogia come unico strumento di persuasione, che non urli e sbraiti come fa, ad esempio, il Kapitano quando parla Gentiloni. Una classe dirigente che abbia il coraggio di mollare i populisti al loro destino, non come ha fatto il Partito democratico, da due anni incollato alle vesti di Conte e del M5S.
Non a caso il presidente Mattarella, un gigante tra tanti nani, ha inviato un richiamo alla politica intervenendo con un messaggio al congresso della Cisl, in cui ha invitato “istituzioni, società civile, espressione del mondo dell’economia” a partecipare alla promozione di “una intensa unità” che serva a realizzare quello che il capo dello Stato ha definito “Cantiere Italia”. Un richiamo all’ordine che arriva dopo le bizze dei partiti sul DL Concorrenza, specie sulla questione balneari, su cui però la maggioranza di governo pare aver trovato un accordo. Ma Conte e i cinque stelle sono già pronti a imbracciare nuovamente le armi contro Draghi – fortemente infastidito dalle scaramucce di inadeguati leader politici – sul DL Aiuti e il termovalorizzatore di Roma. Contro ogni buonsenso, contro ogni attenzione per le necessità del Paese. Tutti questi “capricci”, infatti, non fanno che rallentare l’attuazione del PNNR e, di conseguenza, arrecano un danno all’Italia.